Omelia tenuta in occasione del corso di Spiritualità

Motta d’Affermo (ME), 1 – 8 agosto 1985;
trascrizione da cassetta audio fonica, pp. 3, AGP, b. VI, fasc. 4.

Il tema affrontato è la Comunione del giovane con il Cristo nella chiesa, ed è rivolto proprio ai quaranta giovani intervenuti al corso di Spiritualità.

Omelia

Accoglici o Dio, in Te mi rifugio.

Dal Libro dell’Esodo abbiamo compreso che il Signore la sua tenda e che la tenda siamo noi.

Gesù vuole incontrarsi con noi, coabitare ed identificarci in Lui, con un incontro che ci trasforma.

È in Lui la pienezza della nostra gioia. Noi andiamo cercando gioia, libertà, vita, vogliamo liberarci dal nostro egoismo, dalle nostre passioni. Lui può liberarci , ci ha chiamati, ci ha pescati nella sua rete. A noi si richiede l’impegno costante di rimanere con Lui, con la disponibilità e la capacità di lasciarci abitare da Lui.

Il resto lo farà Lui a poco a poco.

Dio ha messo dentro di noi l’esigenza di incontrarci con Lui. Egli ci rende capaci di rimanere in Lui. Da parte nostra ci sia la disponibilità ad accoglierLo per essere segno tra i fratelli della Sua presenza in mezzo a noi.

Leggiamo il Prologo della I lettera di San Giovanni, anche se un riferimento c’è stato: “Ciò che era fin dal Principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto coi nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita, poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e si è resa visibile a noi, quello che abbiamo veduto e udito, noi l’annunziamo a voi, perché anche voi siate in comunione con noi, la nostra comunione è col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo“.

È il Prologo della I lettera di San Giovanni; quella lettera di San Giovanni che nell’antichità è stata chiamata la lettera dell’amore, ma più recentemente dai commentatori e dagli esegeti viene chiamata, forse più propriamente, la lettera della comunione.

Il Parroco della Parrocchia di Godrano che ci ha fatto sua la tesi di Baccellerato (significa la sua tesi conclusiva degli studi teologici) Padre Francesco Maniscalco ha spiegato tutta la lettera sotto questa chiave: la comunione.

La comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo.

La comunione dunque promana dalla Trinità che è dio. Dio è comunione da sempre in sé e questa comunione viene comunicata fin dalla creazione e chiamata all’unità, alla creazione tutta, viene comunicata all’uomo che è creato ad immagine e somiglianza di Dio, cioè segno di questa presenza che è Dio stesso, quindi l’uomo che promana da questa comunione sovrabbondante e traboccante di Dio dovrebbe diventare segno di comunione e ha scritto proprio dentro questo anelito, questa esigenza di comunione, lo dicevamo nel 1° giorno ; l’uomo sente l’esigenza della comunione, è nella sua natura, non può vivere da solo. La solitudine è la disgrazia più grande a cui possiamo andare incontro.

Noi temiamo la sofferenza, la malattia, la povertà, la miseria, però potremmo dire che la sofferenza più grande è quella di essere soli. (È sulu comu un cani). Essere soli, senza nessuno che ci ama, con cui dialogare secondo quel discorso che chiamiamo dialogo (incontro tra due persone). L’uomo è chiamato quindi a essere comunione come Dio. E Dio ha scritto dentro di noi questa esigenza, questa tensione verso la comunione tanto che , se non ce l’ha, se ne sente privo, è riscattato uno che non ha questa comunione, è privo, gli manca una parte di sé.

L’uomo raggiunge la sua pienezza di vita, come diceva anche Padre Rivilli, è veramente uomo quando entra in comunione con gli altri.

Nella crescita dell’uomo dunque c’è proprio questo crescere in questa capacità di entrare in comunione, in dialogo di amore, di amicizia, offerta di sé e accettazione verso l’altro.

Quando cresce questa capacità di donarsi. Di uscire da sé stessi, allora veramente ci educhiamo, ci conduciamo fuori da noi stessi e quindi raggiungiamo la pienezza, però questa pienezza di comunione noi a livello umano non riusciamo ad ottenerla; c’è dentro di noi il desiderio di una infinita comunicazione e comunione totale, ma c’è anche nelle amicizie più profonde qualcosa che non si riesce ad attingere, anche nelle amicizie più vere qualcosa che noi non riusciamo a dare o a dire di noi stessi, anche se lo vogliamo, non riusciamo a sentirci pienamente a capire il mistero dell’altro e resta dentro di noi questo desiderio di entrare in una comunione più profonda, totalizzante e totale, infinita. È perciò che Dio ci viene incontro mandando suo Figlio, con Lui possiamo entrare in comunione, è Lui infinito che entra in comunione con il nostro essere che è fini ma che ha desiderio di infinito.

Lui è la persona concreta che può realmente entrare in un dialogo profondo e totale con noi, non ci saranno barriere, talvolta diventa difficile questo dialogo con Cristo, come diceva alla conclusione di uno dei campi vocazionali una ragazza perché il discorso è questo: per noi può essere facile entrare in rapporto tra di noi, ma entrare in rapporto con Gesù Cristo è difficilissimo, con Lui non ci possono essere compromessi ; a te io posso nascondere qualche cosa e non te ne accorgi, ma con Gesù Cristo non c’è niente da poter nascondere e quindi niente finzioni.

È un lato che potrebbe sembrare più negativo ma che, in fondo, è il lato più positivo perché nell’amicizia, in un dialogo vero è essenziale la sincerità.

E allora in Lui si raggiunge questa pienezza, con Lui c’è questo dialogo. Ieri quando Padre Rivilli ha fatto quel paragone, volevo dirgli che specificasse meglio una cosa, che poteva sembrare da quello che diceva che, quando qualcuno potrebbe dire: ma come si fa ad incontrare Gesù Cristo? Gesù Cristo è vivo , è presente e San Giovanni dice: Quello che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto coi nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato … noi lo annunziamo a voi” e quello che Lui poteva dire allora, ora si può dire, perché Cristo non è morto ; noi non entriamo in relazione con Giulio Cesare o Cicerone, potremmo farlo leggendo i loro scritti, conoscendo la loro storia ci sentiamo in sintonia con loro, ma non possiamo dialogare assolutamente. Io posso dirmi seguace di Cicerone ma è un fatto puramente ideale, le mie idee combaciano con le sue e stop.

Con Gesù Cristo invece no, è vivo, perché Lui è risorto, ecco l’annunzio: Lui è risorto e non muore più, quindi è sempre presente, mi sta accanto, mi sta dentro, ecco quindi la possibilità di una comunione vera e profonda. Da che cosa lo sappiamo che Cristo è vivo? È proprio questo annunzio che me lo dice, che mi fa capire che si offre alla mia amicizia, si offre per colmare l’abisso della mia solitudine, dall’annunzio, dalla parola.

La Parola è quella che è scritta nel Vangelo, ma il Vangelo non è quello che è scritto, il Vangelo è il lieto annunzio che mi viene da una comunità.

Tu, io, noi abbiamo appreso questo da una comunità, può darsi che magari qualcuno l’appreso da uno scritto, ma lo scritto è una comunità che me lo offre.

L’annunzio è la testimonianza di una comunità. Gesù non ha detto: amate, scrivete il Vangelo, pubblicatelo e fatelo leggere, ma “andate e predicate il Vangelo” andate ad annunziarlo e quindi questo annunzio è all’interno di una comunità. È nella comunità dunque che io posso iniziare ad avere un rapporto una comunione con Gesù Cristo, inserendomi in una comunità,

Noi annunziamo a voi ciò che abbiamo…, perché anche voi possiate essere in comunione con noi, la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio. Dunque ciò che noi abbiamo udito, altri avevano udito attraverso esperienze che vanno al di là del tempo ma che sono reali.

Avevano udito, avevano visto, avevano palpato il Cristo e lo hanno fatto conoscere anche a me, a te, a noi, e quindi siamo entrati in comunione, in sintonia con questi che facevano comunità e attraverso loro con Cristo. La Chiesa è sacramento di questa intima comunione, cioè è specifica, è segno e strumento della comunione…

La Parola è testimonianza, non la parola che semplicemente mi viene da un registratore, è la testimonianza, è la vita che comunica la vita e la comunione è vita. È la vita che genera la vita, Cose morte non possono generare. È l’annunzio vitale di una comunità che mi consente di entrare in comunione e di rendere testimonianza.

Dio, guardando alla nostra disponibilità, ci viene incontro.

Senza di Lui non possiamo far nulla. La Lumen Gentium al n.4 dice: È lo Spirito che dà vita è l’acqua zampillante che sgorga.

Egli guida la Chiesa che unifica e avvia verso l’unità.

San Cipriano definisce la Chiesa come un popola adunato che deriva dall’unità dello Spirito, del Figlio e del Padre.

La Parola non possiamo interpretarla a modo nostro, è stata consegnata da Gesù Cristo alla Chiesa che è luogo di incontro della comunità dei credenti. “Non ci ardeva il cuore nel petto mentre camminavamo accanto a Lui?” ( I discepoli di Emmaus). È la comunità Cristo stesso.

Luca ci presenta l’ideale della comunità con le quattro caratteristiche: assiduità nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane, nella preghiera personale e liturgica.

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