DISCORSO TENUTO DAL PRESIDE PROF. ANTONIO RAFFAELE
SABATO 24.10.1998
AULA MAGNA LICEO VITTORIO EMANUELE Il DI PALERMO

Oggi concludiamo la settimana, che la scuola e gli studenti hanno dedicato a Padre Puglisi, in questa Aula Magna che per deliberazione del Collegio dei docenti prenderà il nome di Padre Puglisi; nell’Aula Magna dove per 15 anni Padre Puglisi ha partecipato con i colleghi alle tante sedute del Collegio, dove tante volte ha rivolto la sua parola feconda ai numerosi alunni del liceo.

Egli è ancora qui con noi; è presente in mezzo a noi, hanno gridato lunedì scorso migliaia di studenti durante la marcia, che partita dalla cattedrale, si è conclusa a Brancaccio con un incontro tra gli studenti della scuola secondaria e quelli della scuola media di Brancaccio tanto desiderata da padre Puglisi e che, pare, tra poco sarà completata e che è intitolata a P. Puglisi, così come auspicato dal cardinale Pappalardo il giorno in cui avvennero i funerali nel piazzale di Brancaccio davanti a migliaia di persone ivi convenute.

P.Puglisi è ancora tra di noi; e la sua presentificazione è stata rievocata in questo spazio dalla metafora del dono rappresentata dai nostri alunni ed ex alunni: il dono del sacrificio dell’innocente, il dono della limpidezza dei valori sani che P. Puglisi ci ha trasmesso a testimonianza che il suo sacrificio non è stato inutile.

Anche se sono passati cinque anni, è forte ancora nel personale scolastico del nostro liceo il ricordo e l’implicanza emotiva; affievolito, invece, può diventare il ricordo tra gli studenti che, come si sa, transitano dalla scuola.

Gli ultimi che hanno avuto come insegnante P. Puglisi sono già usciti dal nostro liceo.
Ed è per questo che il Consiglio di Istituto ha voluto lasciare il segno fisico della presenza di P. Puglisi nell’Aula Magna, il luogo più fruito da tutti.

Il senso di questa settimana dedicata a lui è stato quello di non dimenticarlo, di raccogliere il messaggio che con il suo sacrificio ci ha lasciato. Abbiamo avuto detto 5 anni fa, abbiamo ricordato in questi anni, non dobbiamo smettere di ricordare ancora ma, soprattutto, non dobbiamo smettere di rielaborare in una luce sempre più nuova la freschezza, l’attualità del suo insegnamento tanto semplice quanto spesso difficile da realizzarsi: adempiere sempre, nella quotidianità, in modo leale e completo il proprio dovere.

Ed è per questo che il nostro Pino è stato messo a tacere da chi, abituato a usare la violenza e il male, credeva di zittire questo “piccolo prete” scomodo che nella sua vita era mite, appariva “dimesso nel portamento”, camminava in punta di piedi, parlava sottovoce, dialogava con tutti, non amava i riflettori.
Egli agiva “suaviter et fortiter”.

Quella mitezza sapeva trasformarsi, quando era necessario, come lo fu nella sua difficile opera di parroco a Brancaccio, in fermezza, in grido contro il male; e ciò lo fece con l’unica arma che possedeva: il Vangelo.

P. Puglisi è un martire; non è un prete antimafia.
Questo lo dicemmo 5 anni fa, a caldo della sua uccisione e mi ha fatto piacere sentirlo dire, giovedì scorso, durante la tavola rotonda tenutasi in quest’Aula sul tema: “impegno, stile, impegno di fede”.
Mi ha fatto piacere perché a dirlo era uno storico laico che dava una lettura dell’operato di Padre Puglisi libera dal riduttivismo del “prete antimafia”. Chi opera nello spirito del Vangelo non può non essere contro la mafia, non può non essere un vero uomo civilmente impegnato.

E P. Puglisi sapeva che la vera e autentica testimonianza del vangelo era coincidente anche con l’impegno civile e umano.

L’ho incontrato, padre Puglisi, con il suo gruppo di giovani della parrocchia e del centro Padre Nostro durante la marcia contro la mafia in via Notarbartolo in occasione dell’anniversario dell’uccisione del magistrato Falcone.
Lui era li, con i suoi giovani, con il suo giovane vice parroco. Ed era lì perché testimoniava anche il quel modo il vangelo e il suo essere sacerdote educatore di coscienze.

Martire significa testimone, e testimone egli fu della sua fede vissuta non avulsa dall’uomo.
A quanti provenivano o avevano altre culture, altro credo, altre ideologie, soleva dire, così come lo disse negli anni ’68 a tanti giovani indottrinati dal libro di Mao o di Marcuse:
C’è un pezzo di strada che possiamo fare insieme, abbiamo in comune la sete per la giustizia, per il riscatto della dignità dell’uomo. Facciamo questo pezzo di strada insieme. E questo pezzo di strada, se fatto nel rispetto della dignità dell’uomo, di ogni uomo, senza violenza dell’uno sull’altro, non bisticcia col Vangelo “.

Con la sua capacità di dialogo riusciva a penetrare, cosi, nell’animo dell’interlocutore ma senza forzature, sapendo aspettare soprattutto, sapendo ascoltare.
Quell’ascolto attivo che ti faceva entrare in empatia!
Ed con questa sua grande dote di comunicazione che riusciva a conquistare le menti dei giovani, degli alunni di questo nostro ginnasio liceo e non solo di quegli alunni che lo seguivano su un cammino di fede ma anche di altri che si dichiaravano non credenti; questi venivano catturati, come alcuni di essi mi dicono, dal suo “sorriso bonario”, dalla sua cultura solida, dal suo esempio di vita semplice.

Come insegnante, P. Puglisi, interpretava il suo ruolo coerentemente con il suo ministero principe, che era quello di sacerdote.
Ho sentito testimonianze di ex alunni: nella sua prassi didattica creava le condizioni del dialogo con stimoli, domande, interrogativi e sostanziava il discorso con gli opportuni riferimenti e con le analisi dei testi sacri senza “annoiare” i ragazzi e attualizzando sempre il discorso.

Mi diceva un ex alunno che si autodefiniva “studente laico e ideologicamente lontano da P. Puglisi”.
“P. Puglisi non faceva proselitismo, tendeva a tirare fuori l’uomo sapendo che, costruendo sugli autentici valori dell’uomo, poteva portare, poi, alla riflessione sulla fede cristiana, sulla fede come strumento di libertà.”

I campi scuola che ha realizzato sono un segno del suo lavoro di insegnante, di educatore, di sacerdote.
P. Puglisi ha saputo praticare con i giovani la pedagogia della gioia e della speranza, ha saputo cogliere le “sfide” della difficile opera di chi ha responsabilità e ruoli educativi.
E ciò lo ha fatto con “coraggio”.

Per quanti di noi (e qui ce ne sono parecchi) hanno avuto la fortuna di conoscerlo da vicino, resti, P.Puglisi, un dono da sapere custodire a quanti non l’hanno conosciuto direttamente e a tutti noi, sia, P.Puglisi, un modello, un simbolo da cui sappiamo trarre la spinta per agire con rettitudine nella vita di ogni giorno.

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