Campo vocazionale dal tema: “Si, ma verso dove?”
Trascrizione da cassetta audio fonica, AGP, b. VII, fasc. n. 38)

“Sì, ma verso dove?”
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Vocazione

Ecco l’uomo: il CristoINTR123

La vocazione, sempre unica, è segno dell’amore di Cristo perché l’amore di Dio si è manifestata in Gesù Cristo. E quindi la vocazione al matrimonio è segno dell’amore che Gesù Cristo ha per l’umanità, o meglio dell’amore reciproco che c’è fra Gesù Cristo e la comunità di coloro che hanno risposto al suo amore: la comunità cristiana, la Chiesa e le varie piccole comunità cristiane.

Una comunità è già la famiglia che dovrebbe vivere questo rapporto d’amicizia con Gesù Cristo, rapporto di sponsalità con Gesù Cristo. Cristo lo sposo, la comunità cristiana la sposa, e quindi gli sposi manifestano quest’amore che c’è tra Cristo e la Chiesa, amore reciproco.

C’è un altro aspetto: L’amore della verginità sponsale: chi sceglie di non sposarsi per diventare al mondo annuncio di questa donazione totale a Cristo; ogni cristiano dovrebbe donarsi totalmente a Cristo, è chiaro, nel matrimonio e fuori del matrimonio, ma chi sceglie la verginità sponsale diventa segno più evidente di questa donazione a Cristo, non sceglie di non sposarsi perché gli fa schifo l matrimonio, ma sceglie di non sposarsi perché vuole significare a Gesù Cristo: “Tu vali per me più di ogni cosa, più di tutto, più di ogni altra persona, con te io potrò realizzare pienamente la mia vita”.

Ecco per esempio Tommaso Moro, primo ministro del re Enrico VII. Lui era un padre di famiglia realizzato pienamente nella sua famiglia e anche nell’impegno politico che aveva fatto sempre con coerenza e con purezza di cuore. Fino alla fine, quando gli hanno chiesto qualcosa che non era secondo la sua coscienza, si era rifiutato. Si è realizzato nella coerenza segno d’amore. Bellissime per esempio le lettere che ci sono rimaste di lui, lettere che lui manda a una sua figlia, mentre è carcerato nella torre di Londra. Arriva a scriverle anche col sangue perché non gli passavano più l’inchiostro, allora qualche bigliettino così… e poi non ha potuto scrivere più perché non gli hanno dato neppure possibilità di carta. Comunque, ecco un uomo realizzato pienamente nella famiglia in questo rapporto di amore con Gesù Cristo, è un rapporto di amore all’umanità.

E come lui tanti altri chiaramente, altri di cui abbiamo parlato, per esempio Massimiliano Kolbe che aveva scelto la verginità, un frate francescano, ha dato

la sua vita per un altro; ecco un amore al di sopra della propria vita. Amava gli altri più della sua vita, come Gesù Cristo in un certo senso. Realizzazione dell’amore, essere segno dell’amore di Dio, dell’amore di Cristo o nel matrimonio o nella verginità sponsale.

Perché si dice poi verginità “sponsale”? Perché chi ha questo rapporto d’amore con Gesù Cristo non resta sterile nell’amore, è fecondo, cioè il suo amore produce molti figli a Gesù Cristo. Come nella famiglia vengono procreati dei figli attraverso il rapporto coniugale, così nel rapporto tra Cristo e colui che ha scelto la verginità sponsale vengono dati altri figli a Dio Padre nella fede e quindi la verginità sponsale non è sterile, ma esercita una paternità, una maternità.

Queste le grandi vie: matrimonio, verginità sponsale come segno dell’amore, e poi, tra queste due scelte, i vari ministeri, i sevizi della comunità cristiana.

C’è un brano del Vangelo di San Luca che dice così: “C’era un tale il quale si era messo a costruire una torre, prima di costruire la torre pensò: vediamo quanti soldi ho.”
È una parabola che racconta Gesù; “quindi di che altezza la posso fare la torre? Quali mezzi ho?”
E Gesù dice: quando tu devi costruire la tua vita prima guarda quali mezzi hai per vedere come devi fare. È inutile, per esempio, se tu non sei portato a degli studi approfonditi, che tu voglia poi fare il medico, se tu vuoi fare il filosofo, se tu sei poi portato alla tecnica ecco potrai fare il tecnico, se poi sei portato al pensiero perché devi avere tra mano gli aggeggi che non riesci mai a capire, fai il filosofo; ecco ognuno ha dei talenti, difatti Gesù racconta anche un’altra parabola, la parabola cosiddetta dei talenti:
Una volta un re dovendo partire dalla sua regione affidò a dei suoi servitori, a dei suoi ministri potremmo dire, i suoi beni; a uno dette cinque talenti, a un altro ne dette due e un altro ne dette uno, e disse: poi mi renderete conto. Quando tornò uno aveva fatto fruttificare i cinque talenti e li aveva fatti diventare dieci, così pure quello dei due talenti.
Quello che invece aveva un solo talento lo aveva conservato, lo aveva nascosto. Dice: Chissà me lo rubino. Non l’aveva trafficato.
E allora il re ai due che avevano fatto fruttificare i suoi beni dette dei posti d’importanza, a quello disse: non sai fare niente, vattene. E Gesù conclude: noi abbiamo dei talenti che il Signore ci ha dato, dobbiamo farli fruttificare, vedere quali sono e farli fruttificare, dobbiamo cercare di scoprire dentro di noi quali sono le capacità che abbiamo e svilupparle, però, se semplicemente le vediamo queste capacità e non le sviluppiamo, abbiamo fatto niente.

Non basta sapere chi siamo per raggiungere Dio, è necessario sapere chi siamo, ma anche cercare di sviluppare i lati positivi che abbiamo. Noi qui chiaramente non potremmo fare direi quasi un test psicologico per capire di che carattere siamo, se siamo di carattere collerico, se siamo attivi o non attivi, immaturi, eccetera, ci sono dei psicologi che fanno questo, però possiamo cercare di capire quali sono i doni che abbiamo e cercare di enumerarli nella nostra vita: l’intelligenza, la volontà, la vista, l’udito, come usiamo questi doni, della nostra intelligenza, della nostra volontà, della nostra vista del nostro udito del nostro tatto, cioè di quei sensi che ci mettono in comunicazione con la realtà, con gli altri, con le cose. Come usiamo la nostra intelligenza? Quali scelte facciamo con la nostra volontà?

Quindi dovremmo vedere. La volontà si muove secondo i valori che abbiamo; e allora dovremmo chiederci: quali valori fondamentali vogliamo dare alla nostra vita per le nostre scelte future e quindi quale progetto facciamo per la nostra vita. Vi ricordate? Noi alcuni valori li abbiamo tratti dalle beatitudini e dalla vita di Gesù, abbiamo visto quali sono alcuni valori fondamentali a cui faceva riferimento Gesù, quali valori vogliamo mettere al centro della nostra vita e quindi che progetto facciamo, attorno a quali valori vogliamo costruire la nostra vita, quali progetti abbiamo attorno al futuro. Come lo pensiamo il nostro futuro?

Dovremmo chiederci questo: a che cosa ci chiama il Signore? Qual è fondamentalmente la vocazione a cui ci chiama, che cosa dovremmo fare della nostra vita, come la dobbiamo spendere?
O la vogliamo piuttosto adoperare, la vogliamo sprecare o la vogliamo adoperare per qualcosa di bello, di grande? Per che cosa? Come la vogliamo vivere la nostra vita?

Certo dovremmo saper fare delle scelte, vivere è scegliere perché nella vita ci troveremo di fronte a tante vie: chi, per esempio, trovandosi in una piazza con cinque vie da poter imboccare, se per esempio ne imbocca una, deve lasciare le altre quattro. Ogni volta che fa una scelta significa lasciare altre possibilità. Perse vuole lasciare tutte e cinque le possibilità, che cosa fare? Resterà a far da palo? Chi vuol vivere realmente la propria vita dovrà scegliere e scegliere significa rinunciare a qualche cosa per avere qualcosa, non è rinunciare semplicemente ma è per avere qualcosa che per noi è più bello, è più importante perlomeno.

Può essere certe volte rinunciare a qualcosa che piace per qualcosa che è più utile, è chiaro per esempio che ci sono delle medicine che sono amare ma se io ho necessità di quella medicina rinuncio alla bocca dolce per prendermi la medicina per la mia salute.

Quindi ogni cosa è una scelta per una cosa magari che piace e un’altra cosa che magari non piace però è più utile certe volte, direi necessario. Gesù dice se il chicco di frumento non cade nella terra e non marcisce rimane solo, cioè non dà frutto, se invece cade nel terreno e là marcisce diventa una spiga che dà frutto, da un chicco ne vengono fuori altri anche venti chicchi di grano o anche di più, certe volte.

Quindi abbiamo la logica del chicco di frumento, è la stessa logica della vita vera, della vita di Gesù. Gesù ha portato molto frutto quando è morto, morendo sulla croce, e risorgendo ha dato come frutto la rigenerazione dell’umanità, quindi ecco la logica della scelta che diventa una logica d’impegno ma anche, qualche volta, di sacrificio che però dà vera gioia.

È come quando noi siamo andati a Pizzo di Casa, alla fine abbiamo detto “È stata una bella esperienza”. Però per poterci arrivare abbiamo dovuto fare una certa fatica, abbiamo rinunciato al sonno, abbiamo fatto una bella faticata in salita e quindi abbiamo seguito quella logica, la logica del chicco di frumento, la logica della croce. Gesù ha detto: “Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.
Può sembrare una cosa che atterrisce prendere la croce per essere discepolo di Gesù, ma è proprio questo in questo senso…
Sarà questa logica della gioia, se noi vogliamo crescere, se noi vogliamo restare immaturi allora rifiuteremo la logica della croce, la logica del chicco di frumento. Chi vuol crescere deve accogliere la logica del chicco di frumento.

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