Relazione tenuta al
Campo Vocazionale Giovani
del Movimento “Presenza del Vangelo”
dal titolo
“I Vangeli “
Motta d’Affermo 1988;
trascrizione da audio – cassetta, AGP, b. IV, fasc.23, n. 77, scatola cassette 1988.
Secondo la tradizione il II Vangelo è stato scritto da San Marco discepolo di San Pietro. San Pietro nella sua lettera lo chiama figlio carissimo. È proprio una tradizione molto antica e costante quella di fare di lui segretario di Pietro. Tanto che c’è uno scrittore ecclesiastico dell’inizio del II secolo che chiama il suo Vangelo le “Memorie di S. Pietro”.
Si vede anche dal fatto (nel suo Vangelo) che Marco parla spesso di San Pietro, per esempio ne descrive con precisione la vocazione. Parla con una certa immediatezza come ne può parlare un testimone oculare della guarigione della suocera di Pietro. Poi anche della confessione di Pietro ci fa vedere Pietro che prende la parola durante la trasfigurazione. Mentre gli altri parlano in generale, Marco dice: – Dopo la Resurrezione, Gesù (Marco capitolo 16) appare a Pietro e ai discepoli, anzi quando gli angeli dicono alle donne: andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea là Lo vedrete. Mentre, per esempio, nel brano di Giovanni alla Maddalena viene detto: “andate a dire ai miei fratelli.”
Si vede da questo, e da altri passi, come sia quasi stenografato il discorso di un testimone oculare, di uno che ha una particolare sensibilità che nota certi particolari, direi, quasi popolareschi. Per esempio, della trasfigurazione Marco dice: “Gesù diventa splendente nel viso e le sue vesti diventano così bianche, che nessuna lavandaia potrebbe renderle così…”
Così bianche che più bianche non si può.
Quindi anche se Marco non è un apostolo, è un discepolo di un apostolo, quindi ci trascrive la predicazione del primo degli apostoli di Pietro. Marco scrive ai romani. Anche qui la tradizione è costante.
Marco a Roma scrisse per quelli che erano già stati evangelizzati. Scrisse il suo Vangelo per far conoscere, come in un riassunto, per lasciare il ricordo di quello che avevano predicato gli apostoli, anzi c’è uno degli scrittori ecclesiastici che dice che Marco scrisse dopo la morte di Pietro e di Paolo. Comunque, molto probabilmente (da quello che sembra dal vangelo) Marco scrisse nel ‘65 circa, prima della morte degli apostoli; la situazione che viene rispecchiata nel suo Vangelo è anteriore alla persecuzione di Nerone. C’è una certa simpatia sull’ambiente romano mentre poi c’è un antagonismo tra l’ambiente romano e il cristianesimo stesso. Lui scrive ai Romani e quindi scrive a delle persone provenienti dal paganesimo; non ha intenzione di dimostrare che Gesù è il Messia, come aveva Matteo. Il suo interesse era quello di dimostrare che Gesù era stato già preannunciato come un fatto miracoloso. Gesù non è un uomo come gli altri è un essere straordinario. Mentre Matteo vuole dimostrare agli Ebrei che lui era il Messia promesso.
Ai Romani non gli interessava niente del Messia promesso, voleva semmai dimostrare, e se lui qualche volta riporta qualche profezia lo fa solo per dire che Gesù era già stato preannunciato che già si sapeva prima che lui nasceva ed era quindi un fatto miracoloso. Era una prova della sua Divinità. Quindi non lo esclude che era il Messia ma non era un fatto fondamentale. Gesù viene a stabilire il regno di Dio e a liberare gli uomini dal potere di Satana.
Ed è questo il nucleo centrale di questo Vangelo. Gesù è il liberatore dal male e da Satana. Sono frequenti gli esorcismi operati da Gesù e riportati da Marco. Anzi vorrei leggere uno di questi esorcismi. Anzi sono proprio i demoni a riconoscere in lui il Cristo.
L’indemoniato Geraseno gli si fece incontro, uscendo di mezzo alle tombe, un uomo posseduto dallo spirito impuro il quale aveva dimora tra i sepolcreti e nessuno poteva più legarlo neanche con una catena ecc. ecc.. Tutto il giorno e tutta la notte stava tra le tombe gridando e lacerandosi con le pietre. Vedendo Gesù da lontano corse, si prostrò davanti a lui e gli disse gridando a gran voce: – che c’è tra me e te, o Gesù figlio di Dio Altissimo, ti scongiuro per il Dio a non tormentarmi. Gesù intanto gli diceva: – esci o spirito impuro da quest’uomo. Poi gli domandò: – quale è il tuo nome? quello gli rispose Legione è il mio nome perché noi siamo in molti e lo supplicava con insistenza di non mandarlo fuori dalla regione, mandaci nei porci perché noi entriamo in essi; e lo permisi.
Allora gli spiriti impuri uscendo entrarono nei porci ma tutto quel branco si lanciò a corsa pazza dell’alto della china nel mare e annegarono nell’acqua. Vai a casa tua presso i tuoi e annuncia loro quanto ha fatto il Signore per te e come ha avuto pietà di te.
In questo brano ci sono varie cose da notare: Marco ci presenta questo fatto con ricchezza di particolari, proprio per far vedere Gesù che lotta contro i demoni e che vince contro i demoni. Sono anzi loro che con la loro intelligenza soprannaturale riescono a riconoscere in Lui il Figlio del Dio Altissimo ed è proprio da loro che viene proclamato tale, ed è dopo questa guarigione dell’indemoniato che Gesù viene chiamato il Signore da lui stesso: vai a casa tua presso i tuoi e annuncia quanto il Signore ha fatto per te.
Si potrebbe forse intendere che questo “Il Signore” si riferisca al Padre, però sembra che si riferisca a lui stesso a Gesù stesso dal contesto. Quindi la lotta contro il demonio, quando avviene questa lotta comincia nella pienezza dei tempi.
Cioè quando Dio ha ritenuto opportuno, ha mandato il figlio per liberare il mondo dal peccato. Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Questa era la predicazione di Giovanni: ravvedetevi e credete al Vangelo.
Il tempo è compiuto! ecco è arrivata la pienezza dei tempi.
Con Satana ci stanno, contro Gesù, i suoi avversari, appunto i suoi avversari sono come una forza satanica. Satana potremmo dire ne prende possesso. Anche San Giovanni… non è lui scusate mi sono sbagliato. Quando Giuda mangiò il pane (ricordalo) entrò in lui Satana (Luca). Quindi tra Gesù e Satana esiste questa contrapposizione e le forze del demonio sono favorite dai nemici di Gesù.
Gesù libera gli uomini anche per mezzo delle guarigioni dalle malattie.
La malattia è sempre un male voluto dal nemico dell’uomo stesso in un certo senso.
Ricordate quando Gesù… anche Marco e anche gli altri due evangelisti riportano quel fatto del paralitico che viene guarito.
Prima di tutto Gesù gli dice: confida figlio ti sono perdonati i tuoi peccati e poi per dimostrare che lui ha il potere di perdonare, lo guarisce.
Innanzitutto, Gesù è venuto per liberare l’uomo dal male dal peccato.
I miracoli sono quindi segno della presenza di Dio che libera.
Il Gesù è il Dio che viene a portare la sanità, viene a portare l’uomo, potremmo dire, alla purezza primigenia cioè potremmo dire, come sostrato di questo Vangelo di Marco, il proto-Vangelo, i primi brani della Bibbia cioè la lotta tra il bene e il male.
Mentre lì nel proto-Vangelo si vede il male che vince sull’uomo qui praticamente invece è il bene che vince.
La lotta pare che sia a favore del male nel senso che Cristo viene crocifisso però è Marco stesso che fa vedere Cristo che trionfa poi attraverso la sua crocifissione e la sua morte.
Cristo che trionfa appunto sul demonio risuscitando, e la sua resurrezione è quindi una liberazione definitiva dell’uomo dal male più grande che la morte voluta dal demonio, ma tutte queste cose non vengono dette con degli enunciati, attraverso per esempio dei discorsi di Gesù, vengono dette, da Marco attraverso i fatti.
Marco parla per fatti.
Il Vangelo di Marco ci appare non sotto la forma di un insegnamento continuo né di una storia sacra ma di un avvenimento la cui persona di Gesù ne è al centro.
Al centro di questo avvenimento c’è la persona di Gesù. È Lui che dirige la rivelazione e la costituzione del regno. Come scopo delle sue azioni vi sta la vittoria sui nemici o l’adesione e la formazione dei discepoli. Si forma il dramma e termina nel prossimo sviluppo inevitabile in una missione.
Ma questo dramma che agli occhi degli uni è un fallimento per Marco è una vittoria.
Il figlio dell’uomo sta per ritornare nella gloria, la resurrezione contiene la promessa del ritorno.
Venuta nell’umiltà e venuta nella gloria non formano che un solo Vangelo in cui la vittoria e la buona novella si incontrano.
Questo, dicevo, è tutto l’insegnamento di Marco, generalmente è attraverso i fatti.
Ogni fatto vuol dire qualche cosa. Non soltanto è un fatto storico ma ha un significato dottrinale, sia singolarmente sia globalmente.
Comunque, la figura di Gesù viene ben delineata come il maestro e nel Vangelo di Marco molto spesso viene chiamato Rabbi o Rabbòni. Sembra strano perché Marco non ha scritto il suo Vangelo per gli ebrei, ma lo ha scritto per i romani.
Comunque lui traduce il termine rabbi o rabbòni e forse lo dice perché generalmente lo fa per riportare la frase di Gesù stesso.
Voi che avete per esempio sentito parlare l’Abbè Pierre quando è venuto.
Forse vi sarà rimasta impressa qualche frase di lui ed è logico che quando uno ha sentito qualche frase di lui cerca di riferirla testualmente o magari ricorda una parola.
Pietro, molto probabilmente, faceva, quindi, con Marco proprio diverse volte, saranno un 5 o 6 volte sarebbe proprio oppure qualche volta e maestro, didascalos.
Poche volte appunto c’è Signore invece come nel caso che abbiamo notato poi, un’altra volta, che è molto significativo, quando Gesù dice ai discepoli di andare a preparare la stanza per l’ultima cena.
Anzi scusate, quando fa l’ingresso a Gerusalemme e quindi dice troverete un asino ecc. ecc.. e dite il Signore lo vuole Mc 11,1-3. E se qualcuno vi dice: che fate? rispondete: il Signore ne ha bisogno. Il termine in questo caso proprio indica il fatto che la parola “il Signore” nel vecchio testamento veniva usato tradotto in greco o’ Kyrios per indicare Jave, il Dio. Quindi Gesù è il Signore, è Lui, il Signore.
Comunque, moltissime volte viene presentato come il Cristo ed è proprio in questo senso che Lui viene condannato dal Sinedrio. Perché lui si professa il Cristo.
Sei tu il Cristo, il figlio del Benedetto? gli chiede il sommo sacerdote; ed egli rispose: “Io lo sono!” (Mc 14,61-62). E voi vedrete il figlio dell’uomo assiso alla destra dell’Onnipotente venire con le nubi del cielo. Quindi Lui stesso professò di essere il Cristo, il Figlio del Benedetto.
Marco subito aggiunge questo fatto: Lui è il figlio di Dio. Perché per i non ebrei diceva poco il termine il Cristo.
Allora fa capire che il Cristo era come la stessa cosa, così che il figlio di Dio.
Ed è anche questo altro termine molto frequente.
Il Padre lo chiama il mio figlio diletto al battesimo, alla trasfigurazione, il Figlio Diletto nel quale mi sono compiaciuto.
Poi altre volte lui chiama Dio suo Padre in un altro modo, in un modo particolare non come il padre di tutti gli uomini, quello è il padre mio.
Poi Gesù viene presentato anche come il servo di Jahvè sofferente.
È il figlio di Dio che viene mandato dal padre per redimere gli uomini nella sua sofferenza.
Questo è comune in tutti e quattro gli evangelisti.
Una cosa che forse l’antichità ha rimproverato a San Marco è stato questo.
Il fatto che lui è stato molto povero di discorsi di Gesù.
Dico ha rimproverato perché è stato poco letto il Vangelo di San Marco ed è stato poco letto e commentato, mentre tutti gli altri Vangeli specialmente di quello di San Matteo si sono occupati tanti i padri della Chiesa.
Ci sono commenti di San Giovanni di Crisostomo, di San Girolamo e così via.
Di San Marco invece nell’antichità non c’è quasi nessun commento, appunto perché quasi tutti i passi di San Marco sono contenuti negli altri due Vangeli sinottici.
Ci sono pochissime cose che abbia lui soltanto e poi anche perché è stato creduto piuttosto scarno, ma è molto vivo.
Direi forse più di Matteo ci fa vedere gli atteggiamenti di Gesù.
Gesù in azione con precisione, con ricchezza di particolari.
Il linguaggio di Marco è primitivo dal punto di vista letterario, non è un greco elegante ma neppur passabile.
Ecco direi un linguaggio semitico, dire un italiano ficarazzoto. Come quando uno pensa il siciliano e parla in italiano.
Ecco pensa il siciliano e va dicendo le frasi come per esempio per dire: “Non ce la faccio”, “Non me la fido”, come noi tante volte diciamo. In questi termini potremmo dire anche …, anche San Marco e poi non ha il periodo elegante, come per esempio San Luca.
San Luca dei tre Vangeli sinottici è il più bello.
Innanzitutto, per la forma.
Se vi è capitato per esempio a scuola di tradurre qualche brano del Vangelo ve l’avranno fatto sicuramente tradurre dal Vangelo di San Luca.
Sia se li avete tradotti dal latino, sia se li avete tradotti dal Greco nella scuola superiore. (Ci sono vari interventi).
Una volta mi hanno lasciato di tradurre un brano dal Vangelo per casa e io sono andato a vederlo nel Vangelo nel brano corrispondente era di San Luca.
Il Vangelo di San Luca ha una lingua più rotonda, più bella anche nel latino perché poi San Girolamo che l’ha tradotto dal greco, che l’ha tradotto in latino, lo ha tradotto diciamo in un buon latino.
Ma anche il periodare di San Luca si prestava in una buona traduzione.
Già il prologo di San Luca… lo rileggiamo: Poiché molti si sono accinti a comporre una narrazione degli avvenimenti compiuti in mezzo a noi, come ci hanno trasmesso colore che fin da principio ne sono stati i testimoni oculari e che sono divenuti ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo avere fatto diligenti ricerche su tutte queste cose fin dalle origini, narrarteli per iscritto con ordine o nobile teofilo affinché vi riconosca la verità degli insegnamenti che hai ricevuto. È tutto un unico periodo.
Se voi guardate gli altri Vangeli sinottici e anche San Giovanni, peggio ancora, non trovate un periodo così lungo, peggio ancora il linguaggio di San Giovanni perché è semitico.
Il linguaggio dell’ebreo è così, non ha sintassi del periodo e sono tutte frasi coordinate.
Avrebbe detto: “Molti si sono accinti a comporre una narrazione di avvenimenti compiuti in mezzo a noi e ci hanno trasmesso, coloro che fin da principio sono stati testimoni oculari e sono divenuti testimoni della parola”.
Tutti i semiti fanno così mettono accanto le diverse frasi senza le causali, le temporali o altro, mentre S. Luca si vede che era, come dice la tradizione, un medico, una persona colta.
Che fosse medico si vede, oltre che da questo prologo stesso, perché dicono gli studiosi che somiglia molto al prologo di altre due opere dell’antichità scritte da altri due medici e quindi da questo fatto, ma anche perché quando Luca parla di malattie, generalmente parla adoperando termini tecnici più precisi. E poi c’è anche un altro fatto, mentre per esempio quando San Marco parla di quella emorroissa, di quella donna che aveva flussi di sangue, per esempio, anche qui diceva il termine di emoroissa, gli altri no.
Dice magari ironizzando, aveva speso tutti i suoi soldi…
I medici gli avevano scroccato tutti i soldi, in altri termini senza avere ottenuto niente. S. Luca non dice che aveva questa malattia e non aveva potuto fare niente, non era riuscita a guarire.
Logicamente difende la categoria.
Molti dicono che fosse anche pittore, forse la tradizione viene da questo fatto che San Luca quando ci presenta un fatto della vita di Gesù quasi quasi c’è lo dipinge, noi così ce lo vediamo qui davanti.
Pensiamo per esempio il passo dei discepoli di Emmaus, sicuramente l’avrete letto chissà quante volte.
Si vedono quasi quasi due viandanti così con gli occhi bassi, tristi che camminano per questa via.
Poi quando cominciano ad ascoltare e poi si sentono riempire il cuore della parola, e poi arrivano: “entra vieni resta con noi che si fa sera, già si vede l’imbrunire”, cioè quasi quasi dipinge tanto che proprio i pittori si sono moltissime volte rifatti proprio al Vangelo di San Luca nel dipingere i fatti della vita di Gesù.
C’è per esempio a Bologna un dipinto, c’è un Santuario alla Madonna di S. Luca.
Quindi nel prologo stesso c’è l’introduzione cioè viene indicato lo scopo.
Lo scopo era quello per Luca, comporre una narrazione, narrare per scritto con ordine queste cose affinché tu riconosca la verità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Quindi parla a coloro che hanno già ricevuto degli insegnamenti, sul Cristo e sulla sua dottrina; quindi è un approfondimento, Lui quasi vuole completare questa catechesi.
Già potremmo dire l’evangelizzazione era stata compiuta, l’annuncio era stato già dato, Lui completa con un approfondimento, potremmo dire che Luca approfondisce di più la dottrina, Gesù era il Messia però mentre Matteo lo presenta semplicemente come il Messia, San Luca lo fa vedere come il Messia, il Re, è il Re colui che viene a costituire un nuovo regno.
Già fin da principio quando viene annunciato: “Ecco il Signore Dio” gli darà il regno di Davide suo Padre, è il Messia, il Messia Re.
Anche quando lui nasce, anche Giuseppe salì dalla Galilea alla città di Nazareth per recarsi in Giudea nella ditta di Davide perché era nella casa della famiglia di Davide, quindi il fatto che lui era discendente di questo Re…
Poi in Luca, mentre in Marco la parola “o’ Kyrios” il Signore, viene adoperata raramente, usata sola 2 o 3 volte, in Luca spessissimo, 10 – 20 volte.
Ha assunto in lui un nome particolare Gesù, è Lui il Signore.
Vorrei almeno prendere qualcuno di questi brani quello del capitolo terzo, quello del capitolo 2.
Ecco è Battista che prepara la via del Signore.
Il Signore è Gesù che viene nel capitolo 7 versetto 13 si dice ancora, quando Gesù incontra la vedova di Naim: il Signore avendola veduta, mosse a compassione verso di lei e disse: “Non piangere”.
Ecco ancora una volta il Signore, poi dopo questo fatto della resurrezione della vedova di Naim, molto più comune è, molto più frequente che Gesù venga chiamato il Signore fino a quando proprio alla fine della sua missione, capitolo 24 versetto 3, dice delle donne: entrate nel sepolcro non trovarono il corpo del Signore Gesù. Viene chiamato il Signore Gesù.
Ultima volta è (versetto 34) quando i due discepoli di Emmaus ritornavano a Gerusalemme dopo avere visto il Signore, i quali dissero che il Signore era risorto e gli apostoli dicono ai due discepoli che il Signore era risorto ed era apparso a Simone.
Quindi è un appellativo molto frequente, Gesù è anche presentato da Luca come il Salvatore. Lui è venuto a salvare le pecorelle smarrite di Israele, è venuto a salvare i peccatori. Ricordate la parabola della pecorella smarrita, in proposito la parabola del buon Samaritano, della dracma, del figliol prodigo e così via.
E poi il fatto di Zaccheo che ci viene raccontato da lui e alla fine appunto c’è l’annotazione: non sono i buoni che hanno bisogno del medico ma i malati (Lc 19,1-10).
Questo ci porta ad un altro discorso, il fatto che questo il Vangelo di Luca oltre ad essere chiamato anche il Vangelo appunto dell’annunzio della salvezza, della liberazione, in questo senso, dal peccato, dal male, è anche il Vangelo della Misericordia, Gesù si presenta come il Buon Pastore che va in cerca della pecorella smarrita.
Infatti, il figlio dell’uomo non è venuto a cercare e a salvare quello che era perduto- appunto viene chiamato il Vangelo della Misericordia.
Gesù si presenta come umile e mite di cuore. Il Vangelo di Luca è quello dell’universalismo, potremmo dire, della salvezza. Mentre gli altri, Marco e Matteo fanno notare che Gesù era venuto per gli ebrei, e che poi si rivolge agli altri o al mondo, Luca questo non lo fa notare.
Fin dall’inizio fa notare l’universalismo del messaggio cristiano ed è proprio nei primi capitoli che questo è fatto notare. Capitolo 2,29-32.
Il [Cantico di Simeone] Ora o Signore lascia che il tuo servo se ne vada in pace secondo la tua parola, poiché i tuoi occhi hanno mirato il tuo salvatore.
Ecco il Salvatore che tu hai preparato perché sia al cospetto di tutti i popoli, luce che illumina le genti e gloria del tuo popolo di Israele, quindi già l’universalismo. Gesù non è venuto solo per Israele ma per tutti gli uomini. Ci fa vedere anche Gesù che parla bene dei samaritani e Luca che racconta la parabola del buon samaritano e Luca che ci racconta il fatto della guarigione dei 10 lebbrosi di cui uno ritorna e quell’uno che ritorna a ringraziare è un samaritano, mentre gli altri due questo non lo fanno notare, però questa salvezza arriva a tutti gli uomini, però gli uomini, e questo e il messaggio che viene fuori soprattutto ai non ebrei, vivevano.
Luca è consapevole dell’ambiente greco-romano, l’ambiente edonistico, la filosofica imperante era quello delle piccole [……………] il piacere, il benessere, la ricchezza… bisogna convertirsi e lui che diceva non si può servire a due padroni, non si può servire a Dio e Mammona e al denaro quindi è lui che ci mette questo contrasto tra il messaggio evangelico e la ricchezza, è Luca che dice con precisione: beati i poveri.
Matteo aveva addolcito beati i poveri in spirito, Luca invece dice beati i poveri. Non solo, c’è anche un’altra frase molto importante su questo argomento, capitolo 6 versetto 30 per esempio: Dà a chiunque ti chiede, anzi a chi ti toglie il tuo non lo richiede, cioè, capitolo 6 nel versetto 34 dice anche così e se date in prestito solo a coloro dalle quali sperate di ricevere, quale merito ne avrete anche i peccatori danno in prestito ai peccatori per avere altrettanto, quindi bisogna dare in prestito anche a coloro dai quali non si spera più di ricevere.
È richiesta ai discepoli del Cristo la rinunzia assoluta.
Donare abbondantemente nel capitolo 14 versetto 33: Chiunque di voi non rinunzia a quanto possiede non può essere mio discepolo. È molto chiaro questo insegnamento, è Lui pure che dice: vendete i vostri beni date i vostri beni in elemosina. Nel capitolo 11: è Lui che fa notare che gli apostoli seguono Gesù lasciando ogni cosa.
Viene detto degli apostoli in generale, viene detto poi di Matteo di Levi, capitolo 5 versetto 28, viene detto di lui che lasciata ogni cosa lo seguì, ed egli abbandonando tutto si alzò e lo seguì.
Dopo questo egli uscì vede un pubblicano di nome Levi seduto nel banco della gabella e gli disse: seguimi.
È anche questo il Vangelo della povertà, il Vangelo della rinuncia assoluta.
È il Vangelo dello Spirito Santo, mentre Matteo mette l’accento su Dio Padre, e Marco soprattutto mette l’accento sul figlio di Dio, Luca sullo Spirito Santo.
Potremmo dire che è il Vangelo dello Spirito Santo, il maggior dono dato da Dio ai fedeli è lo Spirito Santo; e si vede in azione nell’opera di salvezza. Fin da principio del Vangelo è Lui che viene a santificare la Vergine Santissima e fa nascere in lei il Salvatore, è Lui che viene a dar forza anche a coloro che dovranno annunziare il Vangelo, è lo Spirito Santo che fa parlare i discepoli di Gesù – capitolo 11 versetto 13 – lo Spirito Santo viene dato a coloro che lo chiedono:
Se voi dunque cattivi come siete sapete dare ai vostri figli cose buone, quanto più il Padre del cielo darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedano.
Capitolo 24 versetto 49. Quando Gesù manda i suoi discepoli a predicare, cioè comunica il suo potere. Dice: Io mando su di Voi il promesso del padre mio, ma voi rimanete nella vostra città fino a quando non sarete rivestiti di potenza dall’alto – cioè preparare la Pentecoste di cui poi lui parlerà negli atti degli apostoli.
È anche il Vangelo della preghiera.
Il Vangelo di Luca insomma tra i Vangeli sinottici è appunto il più completo e anche il più bello per come presenta Gesù e anche per tutto il contenuto dottrinale che ha. Ci fa vedere Gesù che prega mentre gli altri evangelisti eccetto S. Giovanni non lo fanno vedere mai che prega, parla della preghiera, ma non prega se non raramente. San Luca invece ben 8 volte dice che Gesù pregava, pregava appena uscito dalle acque del Giordano.
Quando poi discende su di lui lo Spirito Santo e, sta pregando quando poi si trasfigura, prega sulla croce, prega per il buon ladrone.
Così tante altre volte San Luca pure ci parla anche della disposizione della preghiera cristiana. Il capitolo 11 inizia proprio su questo, sulla preghiera:
Signore insegnaci a pregare come ha insegnato Giovanni ai suoi discepoli e Gesù dice come bisogna pregare.
Bisogna pregare con insistenza e con fiducia. Ricordate la parabola di quell’uomo che va a svegliare l’amico a mezzanotte perché vuole tre pani perché sono arrivati degli altri ospiti. Allora insiste: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Chi chiede riceve, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
Non chi dice Signore Signore, entrerà nel Regno dei Cieli eppure è San Luca che dice proprio questo.
Poi è Lui che parla oltre che dell’insistenza, della perseveranza nella preghiera, è lui che racconta la parabola del giudice iniquo, di quel giudice che non voleva rendere giustizia a una vedova. Quella va ad importunarlo, allora dice dunque io non temo affatto Dio e non mi importa di nessuno, le renderò giustizia affinché non mi rompi più la testa. Eufemismo. Il Signore soggiunse: riflettete sulle parole di quel giudice iniquo, il Dio non renderà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte e si mostrerà lento verso di loro io vi dico che darà loro giustizia con prontezza?
E poi la parabola del fariseo e del pubblicano che vanno a pregare nel tempio, quello che si presenta con tutta la sua superbia e invece il pubblicano che resta in fondo al tempio a dire: O mio Dio si propizio verso di me che sono peccatore. Io vi dico che questo tornò a casa giustificato e non l’altro, perché chi esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato.
Il Vangelo di San Luca è anche il Vangelo di Cristo pellegrino, ci presenta Gesù in viaggio verso Gerusalemme.
Gerusalemme è per Luca il centro dal quale è poi venuto fuori il messaggio cristiano, dal quale è venuta fuori la salvezza, quindi tutto il vangelo è come movimento ascensionale a Gerusalemme, lì si compie l’opera di salvezza. Negli atti degli apostoli lui ci mostra. È lì che la prima comunità cristiana realizza il cristianesimo ed è da lì che i primi apostoli partono per annunziare il vangelo a tutto il mondo.
Quindi Luca è originale sotto molti aspetti nei riguardi degli altri evangelisti.
Luca neppure lui è discepolo e apostolo.
Da chi ha assunto queste sue notizie e questa sua dottrina?
La tradizione ci dice: dall’insegnamento di San Paolo.
È San Paolo che chiama frequentemente nelle sue lettere Gesù il Signore, è Paolo che lo chiama frequentemente il Salvatore, è Paolo che ha una visione universale della salvezza e del messaggio, è Paolo che parla di una donazione totale e di una assoluta rinuncia, è Paolo che parla dello Spirito Santo che è con lui nel quale noi possiamo chiamare Dio Padre.
Quindi la principale fonte di San Luca è Paolo ma noi non dobbiamo fermarci solo qua, perché a quanto pare, San Luca ha avuto come fonte il vangelo di San Marco, probabilmente, e anche altri scritti magari precedenti a Marco stesso, forse anche il Matteo aramaico. E comunque lui stesso ha consultato parecchi testimoni oculari, a quanto pare è la tradizione che ce lo dice pure, avrà consultato probabilmente anche la Madre di Gesù, la Vergine Santissima che ha un particolare spicco nei primi due capitoli del vangelo di San Luca.
Il Vangelo di San Luca è chiamato anche il Vangelo della donna.
È nel Vangelo di San Luca che la donna viene presentata come collaboratrice del vangelo.
Ci sono le donne che seguono Gesù, Gesù è anche amico di Maria e di Marta, Gesù che accoglie la Maddalena quando si trova da Simone il fariseo.
È così in tanti altri passi si vede proprio come Gesù sia particolarmente un cuore rivolto verso le esigenze femminili come quando Gesù si intenerisce e si commuove innanzi alla vedova che ha perduto l’unico figliolo. Come prima cosa va da Lei e le dice: “Donna non piangere”.
Poi nel Vangelo di San Luca si vede anche Gesù che è rivolto verso i piccoli, Gesù che ama i bambini. Anche gli altri Vangeli ce lo fanno vedere, ma lui sottolinea di più questo fatto.
VANGELO DI GIOVANNI
Il Vangelo di San Giovanni è diverso da tutti gli altri Vangeli sia per l’impostazione sia per la struttura sia per il linguaggio. Lo scopo di San Giovanni è quello di corroborare la fede in Gesù narrando segni da lui compiuti quindi si rivolgeva già a dei Cristiani di una certa maturità.
Infatti, nel suo racconto presuppone parecchie nozioni di fede, per esempio, quando parla di Giovanni Battista non parla del battesimo di Gesù, di Giovanni che ha battezzato Gesù, dice per esempio che Giovanni si è accorto che Gesù è il Cristo perché ha visto discendere su di lui lo Spirito Santo quindi presuppone che coloro a cui si rivolge conoscono già il fatto del battesimo di Gesù, e così in tanti altri casi.
Quindi vuole far maturare la fede dei cristiani La fede per Giovanni non è tanto credere un insieme di dottrine, in una parola ma credere in una persona, è soprattutto lui che ci presenta così la fede.
È perciò lui che presenta la figura di Cristo narrando segni compiuti da Gesù.
Purtroppo, tante volte i Vangeli in italiano traducono il termine che sarebbe “Semeion” lo traducono miracolo mentre Giovanni a questo termine dà valore di “segno “e si riferisce non solo ai miracoli ma a tutte le azioni di Gesù in un certo senso.
I segni compiuti da Gesù sono compiuti per manifestare la sua gloria e la gloria del Padre.
Per manifestare che Lui compie le opere del Padre e che Lui è mandato dal Padre.
E i segni sono sì i miracoli ma sono anche i suoi discorsi e il segno è anche la sua passione e la sua morte.
Questo diciamo il fine, lo scopo essenziale del Vangelo di Giovanni ci viene da lui stesso annunciato alla fine del suo Vangelo – capitolo 20 versetto 31.
Dove appunto dice questo, anzi versetto 30: Gesù dunque fece in presenza dei suoi discepoli anche molti altri segni che non sono scritti in questo libro e questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, è il figlio di Dio e affinché credendo abbiate la vita nel suo nome.
Quindi è stato scritto affinché crediate che Gesù è il Cristo, è perciò che lui ha narrato questi segni.
Parla anche di questi segni che conducono alla fede, anche dopo il primo miracolo di Gesù, il miracolo di Cana, Gesù fece il primo dei suoi segni in Cana di Galilea. Lì Lui manifestò la sua Gloria e i suoi discepoli credettero in Lui.
Alla fine della prima parte quasi – capitolo 12 versetto 37 – parla in un modo più generico, usa il termine segno in un modo più generico.
Sebbene avesse fatto così numerosi segni davanti a loro, non credevano in Lui, parlando delle incredulità dei Giudei.
I segni quindi compiuti da Gesù hanno sempre questo scopo, quello di muovere i suoi interlocutori alla fede.
E quindi Giovanni fa vedere come sotto ogni parola, ogni azione, ogni gesto di Gesù si va rivelando la sua persona, quindi lui mette in evidenza in ogni brano del suo Vangelo la divinità di Cristo che si comunica agli uomini. Cioè Cristo Dio che si comunica agli uomini e diventa vita, luce degli uomini.
Già nel suo prologo all’inizio, nell’introduzione, Lui tira le conclusioni di quello che dirà dopo, dice appunto che il Cristo è Dio, la Parola era Dio.
In principio la parola era presso Dio e la Parola era Dio, quindi presenta Cristo come eterno preesistente che, poi, viene nel mondo per diventare luce del mondo.
La luce quella vera che illumina ogni uomo veniva nel mondo.
La parola era nel mondo e il mondo fu creato per mezzo di lei, ma il mondo non la conobbe, quindi la luce quella vera è proprio questa parola che viene nel mondo, cioè il Cristo che viene nel mondo.
Viene per illuminare gli uomini affinché coloro che accolgono questa luce possono diventare figli di Dio.
A quanto l’accolsero dette il potere di diventare figli di Dio… ai credenti diede il suo nome (Giovanni Battista).
Questa è l’introduzione, dall’idea generale di quella che è la figura di Gesù, Uomo-Dio.
Giovanni Battista ce lo rivela come l’agnello purificato ed espiatore, ricordate la frase passata nella liturgia: “Ecco l’agnello di Dio, ecco Colui che prende su di sé il peccato del mondo”, oppure che toglie i peccati del mondo.
Quindi in questa frase c’è tutto un riecheggiare dei brani del vecchio, l’agnello pasquale che libera il popolo ebraico dalla schiavitù con il suo sangue, l’agnello che viene offerto a Dio nella Pasqua ebraica per purificare coloro che mangiano quell’agnello.
Coloro che partecipano a questo banchetto sacro nel quale viene offerto l’agnello.
C’è tutto un insieme dietro le spalle, c’è tutta una visione retrospettiva del Vecchio Testamento che è in ogni frase anche di San Giovanni, specialmente in questa.
Poi Giovanni ce lo presenta come Colui che viene a rinnovare lo spirito degli uomini, che viene a rinnovare la creazione stessa.
È in questo senso che va interpretato anche il segno del miracolo delle nozze di Cana, quando Gesù trasforma l’acqua in vino.
Lui che viene a rinnovare la creazione, più ancora, viene a rinnovare il culto reso a Dio e perciò immediatamente dopo viene raccontato l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e il suo sdegno per coloro che avevano fatto della casa di Dio un mercato. Li caccia via perché Lui vuole rinnovare il culto.
Viene a rinnovare l’uomo dal di dentro, viene a trasformare.
Lui viene presentato anche come fonte di una nuova vita., di quella vita che inizia adesso ed è eterna, non finisce mai.
Perciò nel dialogo con Nicodemo si presenta come Colui che viene a portare la vera vita; Giovanni poi fa le sue considerazioni: Chi crede in Lui non è condannato, ma chi non crede è già condannato perché non crede nell’uomo, dell’Unigenito Figlio di Dio.
L’incontro molto importante per la teologia della grazia tra Gesù e la Samaritana; quando Gesù parla della preziosità della grazia di questa vita soprannaturale che è come l’acqua che sgorga dal suo intimo, che viene a santificare e a rinnovare tutti coloro che crederanno in Lui.
“Chi beve di questa acqua tornerà ad avere sete, chi beve l’acqua che gli darò Io non avrà più sete in eterno “.
E questa acqua diventa in lui sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna, quindi il cristiano che riceve la grazia da Cristo diventa lui stesso fonte di grazia per gli altri.
Gesù è anche presentato come Colui che viene a rinnovare la legge:
Egli è il padrone del sabato.
Ricordate quando Lui fa il miracolo della guarigione del paralitico che stava sulla piscina, la piscina delle pecore, lì a Gerusalemme.
Era tradizione che quando, ora lo leggo…, in Gerusalemme alla porta delle pecore, vi era una vasca, che in ebraico è detta Betesda, la quale ha cinque portici, dove giaceva una grande quantità di infermi, ciechi, vecchi, zoppi e paralitici che aspettavano il moto dell’acqua, era tradizione che un angelo del Signore, di tempo in tempo, scendesse nella vasca e agitasse l’acqua e chi per primo si tuffava dopo il moto dell’acqua guariva da qualunque malattia fosse stato preso.
Si trovava là un uomo che era infermo da 38 anni, Gesù vistolo giacere e sapendo che era da molto tempo in quelle condizioni, gli dice: “Vuoi essere guarito?” “Signore, – gli rispose l’infermo – non ho nessuno che mi getta nella vasca, appena la vasca è agitata mentre io mi avvio, un altro vi scende prima di me”, Gesù gli disse: “Alzati! prendi il tuo lettuccio e cammina”.
Sull’istante l’uomo guarì, così prese il suo lettuccio e cominciò a camminare. Lo incontrano dei giudici e gli dicono: “È sabato e non ti è lecito portare il tuo lettuccio”. e quello risponde: “Colui stesso che mi ha guarito mi ha detto, prendi il tuo lettuccio e cammina”. “Chi è stato?” Allora lui dice: “Non lo so”.
Poi Gesù lo incontra e gli dice: “Ecco sei guarito! Non peccare più affinché non ti avvenga di peggio”.
Allora egli andò a riferire ai Giudei che era stato Gesù Colui che lo aveva guarito.
Gesù viene presentato come Colui che non bada al sabato perché è Lui che viene a porre una nuova legge. La legge mosaica aveva preparato semmai la venuta del Messia e, Lui che è il Messia, viene a rinnovarla. È il nuovo legislatore. Anzi, è proprio in questa occasione, che Lui fa un’affermazione molto importante. Gesù rispose loro: “Il Padre mio non ha mai lasciato di lavorare fino al presente, Io pure opero” per questo dunque i giudici cercarono ora più che mai di ucciderlo.
Perché non solo violava il sabato ma diceva ancora che Dio era suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Lui quindi si arroga delle prerogative che sono soltanto di Dio, e quindi è Lui che ha stabilito il sabato, ed è Lui che lo toglie.
Quindi è questo il significato: Si fa uguale a Dio.
Al capitolo 6 nel discorso del pane di vita nel quale dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani Lui passa a parlare del cibo dell’anima che è la fede e del cibo dell’anima che è la sua carne.
Lui si presenta come il nuovo cibo di colui che crede, la fede è l’Eucarestia, Lui è la luce del mondo, quindi il miracolo del cieco nato.
Gesù viene a dare la luce al cieco e rimprovera la cecità a coloro che si credono con una vista in buono stato.
“Sono venuto in questo mondo perché si opera un giudizio, affinché quelli che non vedono, vedano e quelli che vedono diventano ciechi”.
Alcuni farisei che erano con Lui allora gli domandarono: “Siamo forse ciechi anche noi?” Gesù rispose: “Se foste ciechi non avreste colpa, ma siccome voi dite noi: vediamo, quindi il vostro peccato rimane.!
Voi affermate una cosa che non è vera, voi siete più ciechi di quelli che non ci vedono completamente.”
Gesù dunque è la luce dell’umanità, Lui stesso si proclama luce del mondo.
Nella parabola del Buon Pastore si presenta come il Messia che si immola per amore degli uomini:
“Io sono il buon pastore “.
Il buon pastore dà la propria vita per le sue proprie pecore, ecco Colui che dà la propria vita per le sue pecore.
Infine, Gesù viene presentato come il padrone supremo della vita quando opera la resurrezione di Lazzaro.
“Chi vive e crede in me non morrà in eterno“, afferma Gesù “Io sono la Resurrezione e la Vita, chi crede in me anche se fosse morto vivrà”. È Lui la vita degli uomini, è Lui è il padrone della vita e che comunica la vita, e che la può togliere.
Dal capitolo 13 in poi fino al capitolo 12, potremmo dire ci sono discorsi o dialoghi di Gesù con alcune persone, e vengono narrati alcuni dei suoi miracoli.
Dal capitolo 13 fino al 17 incluso ci sono le ultime raccomandazioni di Gesù ai discepoli.
In questi 5 capitoli è tutto il discorso dell’Ultima Cena, da quando inizia l’Ultima Cena fino a quando Gesù viene preso nell’Orto degli Ulivi.
In questi 5 capitoli viene svelato il significato della sua immolazione, il Cristo che si immola, il Cristo che porta a termine la missione d’amore affidatagli dal Padre; si conclude questa missione d’amore con il ritorno al Padre presso il quale prepara il posto ai credenti.
Perciò San Giovanni introduce questa sezione, potremmo dire con questa frase:
“Sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino al segno supremo”.
In correlazione con questo brano è la esclamazione di Gesù, lì, sulla croce nel momento della sua morte, quando Gesù ebbe preso l’aceto esclamò: “Tutto è compiuto!”, dopo, chinato il capo, rese lo Spirito, è Colui che è venuto per compiere questa missione d’amore affidatagli dal Padre e ora, ritorna al Padre – capitolo 20 – versetto 17: “Ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.
La frase di Gesù detta alla Maddalena.
Aveva già detto prima, al capitolo 14, “Non si turbi il vostro cuore credete in Dio, credete anche in me. Nella casa di Mio Padre ci sono molte dimore, se così non fosse ve lo avrei già detto Io, vado a preparare un posto per voi.“
Con l’immolazione, si manifesta la volontà di Gesù fino alla fine, compiere la missione affidatagli dal Padre, che è quella di portare coloro, che crederanno in Lui, presso il Padre stesso, dove avranno la felicità, la gioia eterna.
Da questo, seguendo quasi tutto il vangelo, si vede, come il vangelo tutto è diviso in 2 grandi parti principali, un prologo e una conclusione.
Per gli altri vangeli non si poteva fare una divisione di questo tipo, qui perché, grosso modo, seguivano passo passo le azioni del Cristo, la vita di Gesù.
Giovanni organizza tutti i fatti e i discorsi di Gesù attorno a dei temi suoi personali e, direte voi, da un punto di vista storico come va accostato. I fatti che Lui racconta sono veri, i discorsi che Lui ci riferisce sono veri, nel senso che, sostanzialmente, Gesù li ha pronunziati; così, però, logicamente lui li ha elaborati secondo il suo ricordo, dopo, pensate, una sessantina di anni secondo i suoi ricordi e, poi, li ha riassunti, perché è impossibile che Gesù, in soli 3 anni, abbia fatto solo questi pochi discorsi.
Anche se Giovanni è abbondante nei discorsi.
Sono vere queste cose, però – non è che si possa dire con precisione: sono da collocare in quel momento, in quel giorno e in quell’ora.
Per quanto riguarda la passione, è ovvio, che Giovanni ricorda con più precisione date e momenti. È il più preciso dei quattro evangelisti anche perché, forse, è stato l’unico a seguire passo passo tutta la passione di Gesù.
Comunque, tornando a questa struttura generale, il prologo è dal capitolo 1° – dal versetto 1 al 18- quello che abbiamo letto tante volte e che, forse mai, riusciremo a capire proprio bene, la prima parte va dal versetto 19, del capitolo 1 fino alla fine del 12 capitolo. Potremmo dire che in questa prima parte il tema fondamentale è questo: “La luce risplende nelle tenebre e le tenebre non la comprendono”.
Gesù luce che si manifesta, va manifestando la sua presenza o meglio la presenza dell’amore di Dio in mezzo agli uomini e gli uomini rifiutano.
Magari, alcuni accettano, accolgono ma sono pochi, il tempo è poco per seguire tutto questo dramma della lotta tra la luce e le tenebre.
Come ce la presenta Giovanni?
La luce si manifesta alle nozze di Cana, si manifesta quando vuole illuminare Nicodemo, ma questi non si fa illuminare pienamente, la Samaritana che, invece si fa illuminare, accetta la Parola del Signore e insieme a lei anche gli altri Samaritani. Poi, direi, il momento discriminatorio è quando Gesù annunzia di essere il Pane di Vita, è in quel momento che si vedono i due campi: il campo dei figli della luce e il campo dei figli delle tenebre.
“Allora, Gesù disse ai dodici: Volete andare anche Voi? “
Parecchi non avevano accettato la parola illuminante del Cristo e se ne erano andati.
Simon Pietro gli risponde: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna, e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. – Gesù rispose loro: “Non sono stato io che ho eletto voi dodici eppure uno di voi è un diavolo”.
Egli alludeva a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Giuda infatti lo avrebbe tradito, lui uno dei dodici.
Ecco, qui viene delineato con chiarezza, il capo dei figli della luce è Pietro, mentre il capo dei figli delle tenebre è Giuda, il traditore.
Ancora quella lotta, come quando Gesù guarisce il cieco, ma soprattutto nel capitolo 7, c’è tutta una controversia tra Gesù e gli Ebrei, i quali credono di avere la salvezza, appunto, perché si credono figli d’Abramo.
Gesù fa notare loro, come (capitolo 8) non basta essere figli d’Abramo per essere salvi, bisogna accettare la luce che viene da Lui.
È Lui che viene a portare la verità che fa liberi, la verità che salva.
“A me invece, perché vi dico la verità non credete, loro preferiscono restare nelle tenebre “.
La frase finale del capitolo 12, nonostante che avesse fatto tanti segni, loro non credettero in lui.
La seconda parte, potremmo dire, ha come tema “Coloro che l’accolgono diventano figli di Dio”, l’altra frase del prologo. Difatti Gesù si rivolge a coloro che l’hanno accolto, non parla più con gli estranei ma parla ora, soltanto con i discepoli.
Quei discorsi dal capitolo 13 al 17 sono rivolti solo ai discepoli, tutta la passione, è ancora un segno per tutti, ma soprattutto per coloro che lo comprendono, “i discepoli”, soprattutto coloro che facendosi illuminare da questa luce, da questa verità amano il Cristo, perché la luce porta all’amore.
Si può notare, anche, un altro fatto, coloro che accolgono la Parola del Signore lo amano e in loro abita Dio.
Ricordate la frase: “Chi mi ama, chi mi segue ascolta le mie parole, chi ascolta le mie parole mi ama e io e il Padre verremo in lui e abiteremo in lui”.
Nella prima parte del vangelo, raramente Gesù parla dell’amore fino al capitolo 12, mentre dal capitolo 13 in poi c’è l’inno dell’amore.
Se voi scorrete dal capitolo 13 in poi troverete come il termine amore, dedizione è il verbo amare riferito ai discepoli, da Gesù verso il Padre, dai discepoli verso il Padre e viceversa, è ripetuto moltissime volte nelle sue diverse forme, credo una sessantina di volte, mentre nella prima parte solo due, tre volte.
Cioè Gesù, adesso, manifesta quale è la legge, che direi, conduce tutta questa opera di salvezza da parte del Padre che ama, del Figlio che ama il padre e ama i fratelli.
Al centro del Vangelo di San Giovanni c’è la figura di Gesù. Mentre, per esempio, al centro del Vangelo di Matteo c’è il Regno di Dio, non so se ricordando, la parabola di Gesù, i miracoli di Gesù sono in funzione di questa fondazione del Regno di Dio.
Non che, logicamente, Giovanni non parla del Regno di Dio oppure che ignori che Gesù Cristo sia venuto a fondare la Chiesa.
Giovanni non usa mai il termine Chiesa mentre Matteo sì, 2 o 3 volte, però è ovvio che pure lui parla già della Chiesa, dopo una sessantina d’anni che già la Chiesa era viva e che aveva attraversato tante difficoltà e si era stabilita, ovunque nell’Asia Minore dove lui scriveva; parla nella Chiesa e parla della Chiesa parlando praticamente di quelle verità che vengono credute dalla Chiesta stessa, parla di Pietro dandogli un posto preminente, parla degli apostoli.
Parla anche attraverso simbolismi dei sacramenti, parla della liturgia. Quindi parla della Chiesa ma non esplicitamente. Al centro delle sue attenzioni c’è la figura del Cristo.
Come dicevo all’inizio, il quarto Vangelo si apre con l’esplicita presentazione della natura divina e umana della parola di Dio, Gesù è luce e verità che fa liberi. È verità che salva apportando la gioia messianica a tutti gli uomini.
Questo termine luce, cioè Gesù, appunto, si professa: “Io sono la luce del mondo”.
Gesù fa questo a Gerusalemme, un riferimento molto chiaro con il Vecchio Testamento, con Isaia soprattutto. Ricordate al capitolo 9, dice appunto così: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto la gran luce, per coloro che dimoravano nella terra tenebrosa la luce risplenderà sopra di essi Hai moltiplicato loro la gioia, accresciuto l’allegrezza, si sono rallegrati al tuo cospetto come si rallegrano durante il raccolto”.
Quindi Gesù, lì a Gerusalemme, proclama di essere questa luce che porta la gioia messianica a tutti gli uomini.
Appunto è il Messia e così lo presenta Giovanni, e c’è un’altra frase che Lui all’inizio del capitolo 1, versetto 45, dice proprio così:
“Il giorno seguente Gesù volle andare in Galilea, trovò Filippo e gli disse: “Senti Filippo (Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro) incontra Natanaele e gli dice “Abbiamo trovato colui dal quale scrissero a Mosè nella legge e i Profeti”. Gesù il figlio di Giuseppe di Nazareth.
Ecco, Gesù è Colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i Profeti: il Messia, cioè il Profeta per eccellenza – l’eroe.
Mosè aveva parlato del grande Profeta, maggiore di lui stesso che avrebbe annunziato la parola di Dio e con maggiore autorità e Lui appunto si presenta come il portavoce del Padre al capitolo 12, versetto 49.
“Perché io non ho parlato di mio, ma il Padre che mi ha mandato, Egli stesso mi ha prescritto quello che devo dire e che cosa devo insegnare e so che il suo comandamento è vita eterna.
Le cose dunque che io dico, li dico tali e quali li ha dette a me il Padre.”
Lui è il portavoce del Padre, Lui dice quello che il Padre gli suggerisce. – Al versetto 24 del capitolo 14 c’è anche:
“E la parola che avete ascoltato non è mia, ma del Padre che mi ha mandato“. Lui, quindi, si presenta come portavoce del Padre e diceva mandato dal Padre.
Oltre queste frasi, altrove, Lui si presenta come mandato dal Padre, anzi il Padre, viene chiamato tante volte: Colui che mi ha mandato – versetti 6,44, per esempio dice così: “Nessuno può venire se non lo attiri colui che mi ha mandato.”
Poi, “Le opere che il Padre mi ha dato di compiere, quelle stesse opere che Io faccio, attestano di me che il Padre mi ha mandato, Egli pure ha reso testimonianza a mio favore.”
Ecco ripete diverse volte, il Padre mi ha mandato, voi non avete mai sentito la sua voce, né visto mai il suo volto e la sua parola non dimora in voi perché voi non credete a colui che mi ha mandato. Il Padre è Colui che lo ha mandato.
Lui è il […..]
Un’altra frase che ancora di più conferma questo che dicevamo (37-38):
“Se non faccio le opere del Padre mio non mi credete, ma se le faccio anche se non volete credere a me, credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io sono nel Padre.”
E le parole pure che dice Gesù sono parole del Padre stesso.
“Non credi che io sono nel Padre?” (questa è la risposta a Filippo l’apostolo).
“Signore mostraci il Padre e ci basta” ha detto Filippo.
Gesù gli dice: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo! Chi ha visto me ha visto il Padre, E tu come puoi dire mostraci il Padre non credi che Io sono nel Padre e il Padre è in me. Le parole che io vi dico non le dico da me, ma il Padre che dimora in me è Lui che fa le opere. Dunque, le parole non le dico da me, ma il Padre che gliele comunica”.
Dicevamo sono, è il portavoce del Padre.
Non solo Lui è il rivelatore del Padre, Egli solo conosce il Padre e lo può rivelare.
Questo viene detto nel prologo con chiarezza, nessuno ha mai visto Dio.
“L’unigenito di Dio che è nel seno del Padre, egli stesso ce lo fa fatto conoscere”.
Anche nel capitolo 17 nella preghiera sacerdotale.
“Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo, erano tuoi e li hai dato a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora hanno conosciuto che tutto quello che mi hai dato viene da Te, perché la parola che desti a me l’ho dato a loro, ed essi l’hanno accolta, e veramente hanno conosciuto che Io sono uscito da Te e hanno creduto che Tu mi ha mandato“.
Quindi Gesù si professa ancora come Colui che rivela la parola del Padre, “Ed Io ho loro reso noto il tuo nome e lo renderò noto ancora affinché l’amore con il quale Tu hai amato me sia in loro e Io in loro.”
Quindi Gesù viene, appunto, a rendere noto il nome del Padre cioè la persona del Padre e l’amore del Padre.
Gesù è una sola cosa con il Padre, ed è soprattutto nella preghiera sacerdotale, che ci sono di queste affermazioni.
Sicuramente le ricorderete queste frasi.
“Ormai Io non sono più nel mondo, ma essi restano nel mondo perché, mentre Io vengo a te, Padre Santo custodiscili nel nome tuo coloro che mi hai dato affinché siano una cosa solo come Noi. Una cosa sola come noi. Affinché siano tutti una cosa solo come Tu sei in me. O Padre e Io in Te, affinché anche loro siano una cosa sola in noi, affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato e la gloria che Tu mi desti, Io l’ho data a loro affinché siano una sola come noi siamo una cosa sola, Io in essi, Tu in me, affinché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che Tu mi hai mandato e li hai amato come Tu hai amato me.”
Ecco ripete, appunto diverse volte questo concetto dell’unità tra Gesù e il Padre.
Gesù è la stessa cosa con il Padre, già lo aveva detto in altri termini però all’inizio nel prologo quando aveva detto che il Verbo era Dio, il Verbo era presso Dio, e quando era lì.
Un’altra affermazione esplicita di questa unità è al versetto 30 del capitolo 10 quando Gesù parla a Gerusalemme, durante la festa della dedicazione del tempio:
“Il Padre mio che me li ha date è più grande di tutto, nessuno potrà non. vivere in mano al Padre mio”, cioè parla delle mie pecore che ascoltano la mia voce e io le conosco.
Io e il Padre siamo una cosa sola; qui è molto esplicito. Quindi Gesù chiarissimamente è Dio, viene esplicitamente presentato come Dio ma è anche uomo.
Il Verbo si fece carne, diventò essere umano, e come tale ha fame, sete stanchezza.
Ricordate il capitolo 4 quando si parla dell’incontro di Gesù con la Samaritana, Gesù che si siede sull’orlo del pozzo perché ha fame ed è stanco e dice agli Apostoli di andare a comprare da mangiare, poi arriva la Samaritana e dice: “Ho sete dammi da bere“.
Vero che poi da questo ne viene fuori tutto un discorso.
Sente affetto per gli amici, ricordate soprattutto il suo, l’affetto per la famiglia di Betania, cioè i tre fratelli Lazzaro, Marta e Maria.
Piange vicino la tomba di Lazzaro, pensa non tanto per Lazzaro, che era morto e che lui stava per resuscitare ma perché partecipa alla sofferenza di Marta e Maria che piangono lì alla tomba del fratello.
Chiede di essere amato, lo chiede a Pietro: “Mi ami tu, mi ami più di costoro?”
Si potrebbe parlare anche a lungo della carità in San Giovanni, dello Spirito Santo, che è il Santificatore, Colui che viene a completare l’opera compiuta da Gesù, Colui che viene a rendere più chiara la parola e la luce che Lui ha comunicato.
Si potrebbe parlare anche dell’escatologia di San Giovanni; cioè delle ultime realtà così come vengono presentate da Lui.
L’escatologia di Giovanni è molto diversa di quella dei Sinottici. Nei Sinottici si parla delle ultime realtà al di là del mondo esistente. Quindi alla fine dei tempi Giovanni parla di una escatologia che va realizzandosi qui. La vita eterna non è una vita che inizia dopo che termina questa vita mortale, ma è la vita che inizia ora stesso e non terminerà mai. La salvezza non viene dopo, ma viene già ora.
L’escatologia di Giovanni, quindi la speranza di Giovanni, non è una speranza che va al di là del mondo, ma che è nel mondo stesso, quindi in un avanzamento del mondo, in un miglioramento del mondo e dell’uomo che trascende sia anche il mondo logicamente e che va anche al di là.
Si potrebbe parlare anche dei simbolismi di Giovanni.
Per esempio, tutte le parole di Giovanni, quasi hanno un simbolo particolare, l’acqua, per esempio il caso della Samaritana che è quando Gesù stesso poi sarà; anche lì nella festa della dedicazione del tempio, parla dell’acqua che sgorga da Lui, poi è Giovanni che fa notare l’acqua che esce dal costato di Gesù.
Si è un fatto ma anche un valore simbolico per Giovanni.
È l’acqua che sgorgando dalla croce del Cristo lava il cristiano: il battesimo.
La parola, per esempio, ORA, “Non è giunta la mia Ora.”
Di quale Ora si parla, l’Ora per lui è il momento della manifestazione della Gloria del Padre.
Gloria del Padre che si identifica con l’amore del Padre comunicato agli uomini.
È l’Ora, quindi suprema, l’Ora per antonomasia è proprio quando Lui sarà innalzato da terra: cioè quando sarà crocifisso è allora che Lui manifesta in modo più chiaro l’amore del Padre il suo amore e quindi l’amore del Padre per tutti gli uomini.
Tutte le altre opere che Lui compie diremmo tutte le altre Sue azioni che riguardano la salvezza degli uomini e quindi che sono manifestazioni dell’amare rientrano in questa ora.
“Non è ancora giunta la mia Ora” e incomincia a manifestarsi la gloria del Cristo.
Ecco alla fine, per esempio, di quel brano viene detto così: “Manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in Lui”.
Manifestò la Sua gloria.
Ecco, anche questo è un altro termine proprio di Giovanni che ha dei risvolti particolari.
Anche nel Vecchio Testamento e soprattutto nella lettura rabbinica, cioè la letteratura dei maestri ebrei, la parola gloria voleva significare tante volte Dio; era un modo anche per la loro concezione di rispetto particolare per il nome di Dio, quando dicevano la gloria per Dio per dire la presenza, la manifestazione di Dio in mezzo agli uomini.
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