“L’oblatività fino al dono della vita”
di Maria Grazia Caprì, Assistente Sociale Missionaria,
da “Esperienze sociali”
Rivista della Scuola per Assistenti Sociali Santa Silvia – Palermo –
Sezione della Libera Università “Maria SS.Assunta” di Roma, gennaio 1994.
Nel 1990, quando assunse la responsabilità della Parrocchia S.Gaetano di Brancaccio, P.Puglisi aveva già avuto modo, attraverso il suo instancabile ministero sacerdotale, di conoscere in profondità le problematiche e i bisogni della popolazione siciliana.
All’impegno di educatore delle coscienze giovanili (attraverso la docenza presso il Liceo V. Emanuele II, la direzione del Centro Vocazionale Diocesano e l’assistenza spirituale dei Seminaristi) aveva aggiunto da diversi anni la missione particolarmente impegnativa di illuminazione e sostegno spirituale presso la “Casa Madonna dell’Accoglienza” di Palermo.
Questa Casa, sorta in seno alle attività promozionali dell’Opera Pia Card. E. Ruffini, ospita, in un clima di accoglienza fraterna, giovani donne, gestanti o ragazze-madri, provate da tristissime vicende familiari, per aiutarle a recuperare i valori della fiducia, dell’impegno e della solidarietà.
Il ministero di P.Puglisi, evangelicamente aperto all’accoglienza, all’ascolto e alla comprensione misericordiosa, dava frutti insperati, spesso anche in persone e situazioni ritenute talvolta irrecuperabili.
Attraverso queste esperienze in P. Puglisi si andava facendo sempre più profonda la convinzione che la lotta ad ogni tipo di deviazione e di delinquenza richiede da parte della Chiesa non solo riflessioni teologiche e morali ma modalità di presenza che incarnino il messaggio evangelico in Servizi di promozione umana e sociale.
Aggirandosi pertanto nel territorio della sua Parrocchia questo Sacerdote, dall’aspetto così modesto e “disarmato”, aveva subito colto, con lo sguardo dell’apostolo proteso alla liberazione della sua gente, i tanti aspetti del degrado del quartiere.
In una Relazione del 1991, in occasione della Visita Pastorale dell’Arcivescovo, egli sottolineava, insieme alla povertà culturale degli abitanti, quella, collegata alla prima ma assai più grave, di carattere morale.
Con viva preoccupazione la riassumeva nella “mancanza di rispetto per la propria dignità come per quella degli altri”.
Da questa carenza di valori umani e cristiani vedeva derivare gli atteggiamenti di arroganza, di prepotenza e quei criteri di giudizi e modelli di vita che sfociano poi nelle molteplici trasgressioni legali della delinquenza organizzata.
Altro grave problema: il generale sentimento di paura, di diffidenza, di chiusura consolidatosi negli abitanti di fronte alla pesante situazione di oppressione.
E come potrebbe essere diversamente, si chiedeva P.Puglisi, quando a Brancaccio non esiste nessuna forma di presenza dello Stato, in quei Servizi sociali indispensabili a promuovere e tutelare i diritti e i bisogni dei cittadini?
Nel quartiere non esistono, infatti, Asili-Nido, Servizi Sanitari, Scuole Medie, Strutture sociali per ragazzi, giovani, anziani…
Le richieste, reiterate da anni, attendono…
- Puglisi era particolarmente preoccupato per i problemi dei giovani. Privi di formazione umana e sociale, fin da piccoli essi alimentano diffidenza nei confronti della legalità e dello Stato, conosciuto solo nell’odiata funzione di “repressore dei reati”.
“Molti ragazzi della zona, constatava P. Puglisi nella sua Relazione, sono stati e sono tuttora ospiti dell’Istituto Penale Minorile, mentre spesso qualcuno dei genitori o dei congiunti si trova detenuto o agli arresti domiciliari“.
Si spiega così come larghe fasce di ragazzi disoccupati diventino facile esca dei mille tentacoli della mafia, abbagliati dalla prospettiva di lucrosi guadagni.
Ma P.Puglisi, anche davanti a realtà così drammatiche, non si arrende!
“Come cristiani e come cittadini, diceva, continueremo a chiedere alle Autorità quanto è dovuto a questo quartiere, ma, in attesa, è inutile limitarsi ai lamenti; è necessario rimboccarsi le maniche per dar vita ad iniziative di promozione umana che accendano qualche luce in mezzo a tante tenebre!“:
di fronte agli atteggiamenti di trasgressione e di relativismo morale proporre il valore della legge di Dio che non è tirannia ma grazia, giustizia e pace; di fronte alle forme di aggregazione finalizzate al male, proporre il valore della fraternità responsabile con i conseguenti valori dell’unità, del servizio, della solidarietà.
Nasce così il “Centro Padre Nostro” diretto principalmente alla formazione dei giovani.
Già il titolo ne dichiara le finalità: educare alla sacralità della vita che viene da Dio; al riconoscimento della dignità della persona umana; alla libertà da ogni dipendenza schiavizzante.
Affidato alle Suore “Sorelle dei Poveri” il Centro si è subito avvalso dell’apporto delle Assistenti Sociali e delle Allieve della Scuola Universitaria “S. Silvia” per la rilevazione dei problemi del quartiere e la programmazione di Servizi diretti ad avviare, anche con l’aiuto di Volontari, processi di socializzazione primaria.
Cominciavano così a Brancaccio i primi passi di un processo di consapevolezza civile alla luce del messaggio evangelico.
Ed è stato proprio questo processo che, pur nella modestia dei mezzi, si rivelava capace di incidere in profondità per la potenza del messaggio, a suscitare la brutale reazione delle forze negative del quartiere.
Esse, che non si fermano davanti al “potere” dello Stato, valutano con profondo timore il pericolo di “un fermento di rivoluzione all’interno delle coscienze”.
Di fatto, la riacquistata coscienza dell’unica signoria di Dio e del rispetto della libertà dell’uomo decreterebbe davvero la fine del loro dominio di soprusi e violenze!
Il 28 luglio 1993 il Giornale di Sicilia riportava la notizia degli attentati contro la Parrocchia diretti ad intimidire non solo il Parroco ma quanti pensavano di collaborare con lui.
La reazione di P. Puglisi? Nessuna protesta vendicativa ma, secondo il suo stile di coerenza, cristiana e sacerdotale, un invito, dal pulpito della Parrocchia, alla conversione, alla ragionevolezza e alla collaborazione dei genitori all’azione educativa per i loro figli!
Tale fortezza d’animo, ancorata alla roccia del Vangelo, rincara negli avversari la convinzione della pericolosità dell’avversario.
Il 15 settembre viene eseguito il verdetto di morte.
Ma essi non sanno che “il sangue dei martiri è fermento di vita!”
MARIA GRAZIA CAPRI’
Assistente Sociale Missionaria
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