Discorso preparato in occasione del
50° anniversario dell’ordinazione presbiterale del
Card. E. Ruffini

10 luglio 1960;
ms. originale su carta di varia natura, pp. 9, AGP, b. VI, fasc. 1.

Per il 50° del card. Ruffini

Oggi la nostra Parrocchia La festeggia Eminenza Rev.ma nel 50° di Suo Sacerdozio. Mi permetta quindi che parli del sacerdozio che in Vostra Eminenza è l’Episcopato.

Non oserò penetrare il mistero del vescovo; solo dirò qualche parola su quelle che mi son sembrate sempre le caratteristiche principali della sua missione: la mediazione e la paternità.

Il vescovo è il successore degli Apostoli, è quindi il continuatore della redenzione operata da Cristo Gesù. egli è posto a capo di una chiesa particolare, la cui sorte viene affidata totalmente alle sue cure. Egli è il padre ed il pastore della comunità; egli ne è il mediatore ed il pontefice presso Dio. «Uno solo è il mediatore tra dio e gli uomini: Gesù Cristo, uomo anche lui che ha dato se stesso in riscatto per tutti», così S. Paolo a Timoteo. Gesù è il pontefice della nuova Alleanza, il Sacerdote Unico.

Il fondamento di questo sacerdozio supremo ed unico è la divinità di Gesù Cristo; al principio di esso è l’unione ipostatica. Proprio  perché in Lui solo abita tutta la pienezza della divinità e la natura umana è unita alla natura divina, Gesù è costituito mediatore unico ed è atto a compiere in modo perfetto l’atto di mediazione che è il sacrificio redentivo.

Questo sacerdozio  unico e pieno, che egli possiede in forza dell’Incarnazione, Cristo ha voluto partecipare agli Apostoli ed ai loro successori.

Il Vescovo quindi in quanto mediatore esercita attraverso i suoi atti  il sacerdozio di Cristo, continua i suoi gesti. Si potrebbe dire che come Cristo è il Mediatore unico per la Chiesa universale, così il Vescovo è il Mediatore unico della Chiesa particolare. Egli adempie la sua missione di Mediatore nel suo ufficio di pontefice sacrificatore all’altare, come ministro principale e ordinario dei sacramenti nella sua Chiesa.

Il Vescovo, capo visibile che ha la missione di ampliare, accrescere ed irrobustire il Corpo Mistico di Cristo nella sua diocesi, fa progredire la sua Chiesa particolare col sacrificio dell’altare.

Egli rappresenta all’altare la persona di Cristo in quanto capo di tutti i suoi membri offrendo se stesso per loro e offrendo a nome di tutti i suoi membri. Il popolo cristiano offre il sacrificio col suo vescovo e per le mani del suo vescovo, nascondendosi dietro a Lui, rifugiandosi nella sua preghiera.

Ogni qualvolta nella diocesi si celebra una messa, il mediatore principale è il vescovo; il celebrante ha ricevuto il potere ed il mandato di celebrare dal suo vescovo, del quale è appunto un cooperatore: quando si offre un sacrificio Eucaristico, la comunità lo offre per la mediazione del vescovo, anche se questi è rappresentato da una suo cooperatore nel sacerdozio.

La mediazione del vescovo oltre che nel sacrificio dell’altare si esplica anche attraverso l’amministrazione dei sacramenti.

Il vescovo solo è il ministro ordinario di tutti i sacramenti; tutti gli altri li amministrano dipendendo da lui e in aiuto a lui.

Per le unzioni battesimali il sacerdote deve servirsi dell’olio consacrato dal Vescovo. Per assolvere è necessaria la facoltà di giurisdizione concessa dal Vescovo. L’Estrema Unzione dev’essere conferita con gli olii santi benedetti dal vescovo.

Il Vescovo è il ministro ordinario della cresima, anche se in casi particolari con facoltà speciali può essere conferita da semplici sacerdoti. Infine al Vescovo e solo a lui è riservata l’amministrazione del Sacramento dell’Ordine. In questo sacramento l’azione della persona del vescovo assume un’importanza ed un significato eccezionali che richiamano alla mente la sua paternità spirituale.

Paternità spirituale: è forse questo l’aspetto della personalità del vescovo che più è appariscente agli occhi ed al cuore dei fedeli di una diocesi. Egli è l’uomo il quale porta costantemente dinanzi a dio la responsabilità delle anime di tutti i suoi diocesani, della loro salvezza eterna e dei mezzi che permetteranno loro di compiere quaggiù i propri doveri di cristiani.

Egli è il padre che di continuo ha la preoccupazione e la sollecitudine di nutrire i suoi figli col cibo spirituale loro necessario per non venir meno lungo il cammino dell’esistenza terrena.

E’ il padre che ha cura di proteggere la sua famiglia dai pericoli minaccianti la fede, l’unità, la vita. la sua stesa autorità promana dalla paternità, la sua autorità è un servizio d’amore e s’impone, non dall’esterno, ma conquistando il cuore mediante un dono totale, fatto di abnegazione, di spirito di sacrificio che anima la famiglia dei figli di Dio. Questa paternità gli deriva dal suo pontificato: egli è padre perché pontefice.

In quanto mediatore, egli dà agli uomini la fede, la grazia, la vita divina, li genera cittadini del paradiso. Quando si legge San Paolo non si può non notare come la consapevolezza di questa paternità ed i conseguenti sentimenti di affetto fossero radicati nella mente e nel cuore dell’apostolo: «Vi ammonisco come figli carissimi, poiché quando pure aveste 10.000 pedagoghi in Cristo, non avreste però molti padri. Sono  io che vi ho generati in Cristo Gesù.

Dio mi è testimone con quanto ardore io vi ami tutti nel cuore di Gesù Cristo (Fil 1,8). O Figlioli miei, per i quali io di nuovo soffro i dolori del parto sino a che il Cristo sia in voi formato».

E’ proprio questo lo scopo della paternità del Vescovo: formare nelle anime il Cristo. Egli genera le anime dei suoi figli alla nuova vita in Cristo, desta o risveglia in loro la vita della fede, la orienta ed arricchisce col suo magistero dottrinale, anima la loro carità col suo magistero di governo e alimenta la speranza cristiana in mezzo alle prove dell’esistenza.

In una parola egli fa zampillare, crescere, irraggiare la vita di Cristo nei cristiani suoi figli.

Questa paternità si esercita per mezzo dei Sacramenti, più specificatamente attraverso quei sacramenti che oltre a produrre la grazia producono il carattere; difatti nella primitiva disciplina la loro amministrazione era riservata al Vescovo; sono questi i sacramenti che costituiscono  la vita di Cristo nelle anime.

Col battesimo Gesù Cristo fa dimora assieme alla altre persone della Trinità nell’anima del neofita e se ne impossessa e la plasma secondo i suoi intenti, la fa vivere della sua vita. con la cresima fortifica e rende audace quella vita comunicata nel battesimo affinché non subisca i timori e scoraggiamenti dinanzi ai pericoli ed alle difficoltà opposte dalla carnee dal mondo.

Ma il sacramento nel quale più manifesta la sua paternità è l’ordine: qui il Vescovo dà qualcosa di proprio, di personale, comunica il suo potere di Sacerdote, di Mediatore, comunica persino la sua paternità.

I Sacerdoti sono i suoi figli prediletti: con quanta cura se li forma! Basterebbe guardare ai numerosi gradini che precedono il sacramento dell’ordine.

E quando poi ha comunicato loro la potestà di redimere gli uomini, li ha resi collaboratori del suo sacerdozio e della sua paternità, li chiama a sé ed abbraccia le sue novelle creature.

Come dimenticherò il momento in cui Vostra Eminenza tenendo strette le mie mani unte dell’olio santo dopo avermi chiesto riverenza ed obbedienza con gioia ed affetto paterno mi abbracciava e benediceva.

In quell’atto così significativo si esprimeva la sollecitudine e l’amore del padre verso i figli maggiori che dovranno dare l’alimento e dovranno essere la guida agli altri figli. C’è in quell’atto l’amore verso tutti i figli della diocesi, che egli stesso vuole salvare e se si forma dei cooperatori, [è] appunto perché tali questi debbono essere, dei docili strumenti nelle sue mani, per formare nei fedeli il Cristo e per presentare a Dio a nome della comunità il Sacrificio di lode e di propiziazione.

Queste due caratteristiche, dicevo, la Mediazione e la Paternità mi son parse sempre le note fondamentali dell’Episcopato, proprio perché le ho viste vissute e incarnate nella persona di Vostra Eminenza, la quale si immola con Cristo per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime; e mostra in tutti i modi immaginabili l’amore e la sollecitudine verso le anime che ha avuto da Gesù Cristo affidate.

Possa il Signore conservarci ancora a lungo un sì potente mediatore presso Dio e un tanto affettuoso padre.

Le conceda il Signore di vivere ancora a lungo il Suo Episcopato per il bene delle nostre anime, per la gloria di Dio, per l’esaltazione della Chiesa.


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