Campo vocazionale dal tema: “Si, ma verso dove?”
Trascrizione da cassetta audio fonica, AGP, b.VII, fasc. n.36
“Sì, ma verso dove?”
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ECCO L’UOMO: IL CRISTO
Senso della vita | INTR | 1 | 2 | 3 | Vocazione |
Si può essere informatissimi su qualsiasi argomento, ma su Gesù assolutamente no, anche se è un argomento semplice.
Prima cosa da dire: sulla sua esistenza storica penso non ci siano dubbi perché ne parlano anche i libri di storia. Perciò come crediamo all’esistenza di altri personaggi, possiamo e dobbiamo credere a quella di Cristo personaggio storico. Personaggio che è vissuto nel suo tempo e che ha sconvolto il suo tempo, per la sua strana mentalità umana che faceva a pugni con quella del suo tempo. Ma la straordinarietà della sua persona non è legata alla persona di Gesù, ma anche al suo messaggio che è diverso da quello stesso predicato dai profeti, il modo stesso di porgerlo è diverso: nei profeti c’è molta irruenza, avevano annunciato l’arrivo di un Messia ma erano stati “aggressivi”.
Invece arriva questa persona, sconosciuta all’inizio naturalmente, che si confonde in mezzo alla folla, ma che si fa notare. Come? Avvicinando per esempio coloro che erano emarginati.
Possiamo già cominciare ad individuare Gesù come portatore di valori umani indipendentemente dal fatto di essere cristiani.
Quindi Gesù portatore di valori validi per tutti gli uomini.
Umanità, interesse nei confronti dell’uomo, solidarietà nei confronti dei deboli, deboli che non erano soltanto quelli malati in salute ma deboli nello spirito; poi l’amicizia, rivolta sia alle donne che agli uomini, e questo è un fatto di notevole importanza, data la diversa situazione tra uomini e donne in quei tempi, gli uomini che potevano imparare, ascoltare la parola, mentre le donne dovevano stare dietro le grate. Amicizia con l’adultera, con Maddalena.
Gesù poi uomo, proprio uomo come tutti: sentimenti umani per esempio: tenerezza verso i bambini (Mc 10,14), sentimenti di angoscia, di paura e poi di sdegno per coloro che non rispettavano ambienti come il tempio (Mc 14,32-36). E già si vede questa paura-angoscia per quello che l’aspettava e chiede aiuto al Padre; ma si vede anche il suo profondo amore e la sua fiducia e la sua fede: “Non ciò che io voglio ma ciò che vuoi Tu”, nei confronti del Padre e di ciò che deve compiere, realizzare. Poi ancora come esempio di angoscia: “Alle tre Gesù…”, e quindi senso di abbandono, di sconforto di solitudine che anche noi proviamo, addirittura l’angoscia, la solitudine, la paura della morte.
Da notare che ai tempi di Gesù, un maestro, un rabbi, non si abbassava mai ad insegnare ai bambini, il maestro dei bambini era disprezzato e gli stessi discepoli si meravigliano che Gesù ascolti, dialoghi, accolga i bambini e le donne. Ma si confondono, si disorientano anche quando Gesù parla con Matteo, l’esattore delle tasse quindi la stessa “sanguisuga”, che andava a chiedere e si faceva pagare anche con interessi alti, pesanti. Se ricordate nel film “Gesù di Nazareth” l’incontro di Gesù con Matteo è Gesù che dice: “Stasera vengo da te” che lascia stupiti lo stesso Matteo. E Pietro che, già considerandosi amico di Gesù, essendo questi in un paese lontano, si prende l’onore di fargli da guida, da consigliere, di indirizzarlo perché lui è del posto e sa, e perciò dice: “Ma tu non sai chi è lui? Non ci andare”.
Perciò Gesù avvicina i deboli, i peccatori, coloro ritenuti la feccia del popolo, non considerati anzi. È bello anche questo rapporto di amicizia tra Gesù e Pietro, anche da parte di Pietro che dice a Gesù: “no, non ti lascerò morire, lotterò per te”. E Gesù da parte sua che è invece cosciente dei limiti e della debolezza umana che risponde: no, che proprio Pietro lo rinnegherà.
Quindi una profonda amicizia, la consapevolezza della debolezza umana, e la fiducia, l’amore che Gesù nutre nell’uomo, tanto da fare di Pietro la pietra angolare della propria chiesa. È un’amicizia da parte di Gesù che non conosce nemmeno il tradimento, difatti Gesù non si tira indietro anche quando Pietro lo ha rinnegato. Condizione però, perché si ristabilisca questa amicizia è il pentimento, che non significa autocolpevolizzarsi, autocommiserarsi, né soltanto riconoscere di avere sbagliato, ma soprattutto desiderio di ricominciare di nuovo. Anche noi per ritenere qualcuno amico, esigiamo fedeltà, confidenza, fiducia per cui Gesù amico esigente, ma che non abbandona. A questo proposito mi veniva in mente un pensiero di…(incomprensibile): “L’uomo è legato a Dio da un filo sottilissimo e quando pecchiamo il filo si spezza, quando ci pentiamo Dio fa un nodo al filo e il filo si accorcia e così siamo più vicini”. Questo non significa che dobbiamo peccare per essere più vicini a Dio, però il fatto che noi pecchiamo è nella norma perché l’uomo è così, è debole, è limitato e a volte è disposto a dare la vita, solo poi di fronte al pericolo retrocede, ha paura e Dio invece conserva la sua amicizia e aspetta il pentimento
Pentimento che non significa: “mea culpa, mea culpa”, ma ripresentarsi con un nuovo desiderio. La risposta di Dio è quella di aspettare e di amarci di più, amando ci riconciliamo e si stabilizza il rapporto di amicizia, perché comprende il limite dell’uomo e comprende che l’uomo in un certo senso ha superato sé stesso per ritornare a lui. Gv 21,14. L’amicizia poi, non è amicizia a due, amicizia che significa apertura agli altri: “Pasci i miei agnelli”. Lc 7,36-50 rapporto di Gesù con questa donna che era conosciuta, famosa in città per il suo peccato che fa a pugni per entrare in quella casa e che non fa che piangere e lavare i piedi a Gesù e ungerli di profumo. Qui è una contrapposizione: la donna simbolo del peccato, il fariseo l’uomo giusto della legge, che conosce tutte le norme e che si sente a posto con Dio tanto da invitare Gesù a casa sua. Quindi l’uomo sapiente che crede di sapere e che invece non capisce niente e che è Gesù che gli insegna, accogliendo quella donna e accettando i suoi doni e soprattutto il suo pentimento il cui simbolo sono le lacrime. È una donna che vuole cambiare, che vuole ricominciare e Gesù apprezza questo e apprezza la sua capacità d’amore ed è un amore diverso, un amore nuovo e le dà fiducia, dà fiducia ad una peccatrice, segno per gli altri della maledizione di Dio, e Gesù invece l’accetta, accetta le sue debolezze ed apprezza la fiducia che la donna ha riposto in lui, un uomo che non aveva mai visto, di cui sa solo per sentito dire, ma già questo la convince che Gesù non è come gli altri uomini che ha conosciuto e perciò va convinta che questo uomo può cambiare la sua vita.
Lo abbiamo già detto, Gesù accoglie tutti indistintamente ma soprattutto lui lo darà notare molte volte in cui parla con i suoi discepoli o comunque con le folle, al popolo: “Io non sono venuto per i sani, ma per i malati” quindi per chi ha bisogno, darà dunque sollievo ai malati, ai sofferenti, al cieco.
Quando un uomo non aveva bisogno Gesù non gli si accosta in maniera talmente forte come con chi è chiaramente nel bisogno, sta per sprofondare come negli abissi di una malattia fisica o spirituale. Infatti, vediamo come quasi solidarizza con le infermità umane, prendendole su di sé, e in un passo Mt 8,16-17 vediamo compiersi la profezia di Isaia: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” quindi Gesù realizza quanto Isaia aveva predetto, prendendo su di sé le malattie, le infermità. Lui uomo, ma anche Dio chiaramente.
Una cosa importante da notare è che in quel tempo i malati, i sofferenti, i ciechi o chiunque avesse su di sé una tragedia, si portasse dietro una tragedia di qualunque genere, era guardato come sospetto, perché la tradizione voleva che queste persone fossero ritenute colpevoli di qualcosa e la malattia, la sofferenza era una punizione divina per le proprie colpe.
Il fatto invece che quest’uomo si accosta a tutti coloro che erano sofferenti, malati, peccatori chiaramente fa molto effetto sulla folla, sul popolo perché nessuno ci si accostava, credendo di venire contagiato e per alcune malattie era vero, come per la lebbra che era la più diffusa, la piaga con cui Dio puniva i peccatori più gravi e questo meritava l’esclusione dalla comunità, ma anche per esigenze di sopravvivenza.
E Gesù venendo per loro, li reintegra nel mondo da cui sono stati esclusi, elimina la loro emarginazione. Vediamo poi che Gesù si pone nei confronti di tutto quanto lo circonda come un uomo libero e liberante nello stesso tempo. Mc 3,1-6.
Il sabato non si faceva nulla, perciò neanche guarire, perché era il giorno del Signore: ma una concezione un po’ strana di questo Signore. Arriva invece Gesù che scavalca ogni convenzione sociale, ogni tradizione ed è perciò libero nei confronti di questa. Si pone con molta libertà nei confronti di tutto quello che era la legge, allora, chiaramente era una cosa grave che contribuirà a mettere contro Gesù i farisei che erano invece i maestri della legge. Lo vediamo libero anche nei confronti dei discepoli, in Mt 16,23.
Abbiamo prima visto il suo rapporto con Pietro, la sua amicizia e la sua fiducia che egli ripone in Pietro, eppure nonostante questo, quando Gesù deve seguire la “sua” legge che è quella dell’amore, quando deve seguire la legge del suo Dio è libero da qualsiasi cosa, da qualsiasi persona gli stia accanto e noi sappiamo bene come noi uomini non siamo così, ma ci lasciamo condizionare dall’amico, da ciò che è comunemente accettato da tutti e vediamo come Gesù non è cosi’ e come sconvolge la sua libertà, il suo tempo.
Già da piccolo lo vediamo libero, indipendente dalla sua famiglia, quando viene preso dai suoi genitori e ritrovato nel tempio. È troppo umano per essere solo umano, un uomo soltanto uomo non avrebbe potuto essere libero, così
grande da lasciare ogni cosa per la realizzazione del Regno. Libero egli stesso ma anche liberante.
Nel momento stesso in cui guarisce, Gesù sta liberando. Ed egli insegna alle folle, ai suoi discepoli, come liberarsi da sé stessi, per uscire dal proprio ego e fare ciò che egli faceva, realizzare tutti quei sentimenti di umanità (Mc 8,25-35). In Mc 10,17-27 ne abbiamo un esempio: Gesù dà le prime direttive, insegna come si deve fare per potere seguire Lui e la legge di Dio. “Va, vendi tutto quello che hai, vieni e seguimi”, quindi abbandonare tutto ciò che di materiale si può avere, non curarsi delle cose terrene, ma curarsi delle cose di Dio Padre, anche se questo non è un ordine, ma una proposta e si viene sempre lasciati liberi e nonostante si risponda di no come il giovane che se ne va perché non ha compreso.
Gesù ci ama. E l’amore profondo c’è sempre nonostante il rifiuto e l’incomprensione, l’incapacità cioè di mettersi nell’ottica cristiana, nell’ottica di Dio. Gesù, perciò propone, non lo impone, ma lascia liberi, liberi di sbagliare, di seguire una propria scelta ed ama, ama lo stesso. E la libertà che Dio ci lascia è una cosa importante, fondamentale, non è un Dio che impone, la nostra non è una religione delle regole, il libero arbitrio è fondamentale: Dio ci dà la possibilità di seguire due strade, devi scegliere tu cosa vuoi fare e in quel momento realizzi pienamente te stesso, perché non sei un automa e questo è bellissimo, perché siamo liberi di cambiare, di fare e di non fare.
Bisogna capire, perciò, ciò che si vuole fare non ciò che si deve fare. Il dovere fare è un’imposizione.
In Gv 13,1-17, vediamo la disponibilità di Gesù al servizio, Gesù che era uomo, ma anche Dio. Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli e Pietro che non capisce: “Come tu lavi i piedi a me?”.
E Gesù: “chi non si fa… lavare da me non avrà parte con me”, appunto per far capire che la sua dignità non era qualcosa da mettere su un piedistallo e da guardare dal basso. Gesù è allo stesso piano degli altri discepoli, si pone servitore lui stesso per far capire che anche loro, tutti gli altri dovranno essere servitori, che dovranno servirsi gli uni gli altri, con molta umiltà e con molta semplicità. Infatti, nel v 5 lui serve e perciò condizione essenziale per essere suoi discepoli: essere servitori, per seguire la sua legge d’amore, amore che è anche servizio. Il non pretendere, ma il dare, il non voler ricevere, ma il voler donare.
In Mc 10,42-45, chi vuole essere il primo si faccia servitore e quindi la legge del tempo, del nostro tempo in cui essere primi significa non sottomettersi a nessuno, ma avere il potere nelle proprie mani e invece no. Gesù si sottomette e dice: “Sottomettetevi, siate servitori, per essere i primi”.
I primi, dove? I primi in cielo, nel regno importante, nel regno eterno, quindi i primi per quello che è il valore essenziale della vita, che in fondo è quella che verrà dopo. Poi, un’altra cosa importante è Gesù si fa messaggero della gioia, viene a portare la gioia a tutti quanti erano nel pianto, nella sofferenza, lo abbiamo visto, si rallegra per la gioia dei bambini che lo circondano, ma si farà anche messaggero del Regno e della gioia del Regno, che in fondo, la gioia terrena è qualcosa di effimero ed Egli lo capisce; infatti invita a gioire anche nelle sofferenze, nelle persecuzioni. In Mt 5,1-12 vengono ribaltati tutti i valori, come abbiamo detto: gli ultimi saranno i primi, mentre la legge del mondo è al contrario, lo stesso discorso, continuerà, quì nelle beatitudini. Non saranno beati quelli che qui in terra sono felici, quelli che in terra hanno tutte le comodità, ma beati coloro che adesso piangono, perché poi rideranno, beati quelli che sono poveri perché poi avranno la ricchezza, la ricchezza non terrena, ma dei cieli.
Beato chi ha fame e sete della giustizia, quindi non cercate in fondo adesso di trovare giustizia qui, in terra, perché se non la troverete qui la troverete nei cieli; infatti alla fine è un invito alla gioia che lasciava in un certo senso disorientati quelli che lo ascoltavano. Noi, adesso, dopo 2000 anni, ci siamo abituati, ma loro non avevano mai sentito una tale legge.
Invece sentono Gesù: “Esultate e gioite perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. In Mc 11,14-15 Gesù si fa messaggero del Regno. Continuamente perla di questo Regno che deve compiersi ed è in questo Regno che si realizzeranno tutte le cose che lui profetizza e che suonano strane, incomprensibili all’orecchio dell’uomo che ascolta. Lui promette questa gioia ed è una gioia che è eterna, non terrena e chi più soffre, più gioirà (Gv 15,11; 16,20-22).
Adesso siamo nella tristezza, nel dolore, ma è un dolore come quello della donna partoriente, un dolore da cui nasce…la gioia, la felicità. Però è una gioia che comincia desso, non è soltanto una gioia che verrà e perciò dobbiamo aspettare, perché speriamo in questa gioia futura, veramente ci sarà questa gioia piena che non cesserà mai.
Però nell’ultima cena quando istituisce la comunione, lui in pratica istituisce un sacramento che resta; egli stesso dirà: “Fate questo in memoria di me “; quindi questo memoriale che è un rivivere sempre questo mistero, per cui questa gioia è sempre, costantemente presente, basta ricercarla, basta saperla trovare, scoprire, riconoscere. Non è soltanto una promessa che verrà, ma è già qui’ e che noi dobbiamo realizzare.
Ultima cosa: adesso che abbiamo avuto un quadro generale di quella che è la figura di Gesù, ci accorgiamo di una cosa probabilmente: la sua umanità, sono valori umani quelli che porta avanti, anche i suoi sentimenti, quindi validi universalmente per l’uomo indipendentemente dal fatto che si sia cristiani o meno. Gesù nella sua grandezza è un uomo, però è anche Dio, è troppo umano per essere solo un uomo, è l’uomo perfetto, un altro uomo.
Uno di noi non avrebbe potuto, non sarebbe riuscito ad avere tanta umanità come Gesù.
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