Gruppo di relazioni tratte dal campo: “Signore, insegnaci a pregare”
trascrizione da cassetta audio fonica, AGP, b. VII, fasc. n.41
CAMPO VOCAZIONALE
“SIGNORE, INSEGNACI A PREGARE”
2 – DIO È AMORE MISERICORDIOSO
Condivisione e perdono
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, che cosa significa? Intanto chiediamo al Padre che ci dia il Pane che nel linguaggio biblico significa il sostentamento quotidiano. Anche nel linguaggio quotidiano si usa l’espressione: “Che fai? Mi sto guadagnando il pane”, nel senso del sostentamento fisico, nutrimento, tutto ciò che è indispensabile per la vita. Ma pane anche nel senso di esigenza di una vita intellettuale, quindi il pane della Parola; “Dacci il Pane della Parola”. Cioè, l’uomo si nutre non soltanto del pane fisico, ma anche del Pane dello Spirito.
Quindi, chiediamo a Dio che non ci venga mai meno la verità, l’amore degli altri, e l’amore nostro verso gli altri.
E ancora non ultimo significato il Pane sovra sostanziale, il Pane eucaristico: “Io sono il Pane disceso dal cielo”.
Per quanto riguarda il pane fisico vi è qualcosa in Mt 6, durante il discorso della montagna, quando Gesù fa riferimento alla Divina Provvidenza: “Perché vi preoccupate di che mangerete, di che berrete, di che vestirete; guardate gli uccelli del cielo, i gigli del campo. Dio li nutre, Dio li veste, eppure non seminano, non mietono. Se Dio dunque ha tanta cura dei passeri, dei gigli dei campi, quanto più ha cura di voi che siete suoi figli”.
E’ per questo che viene detto: dacci oggi il pane, quello di oggi, non quello di domani, o quello di dopodomani, daccelo oggi, e questo ci basta, perché sappiamo che ogni “oggi”, tu sei presente e quindi ci darai quello che è necessario; se noi siamo in comunione con Te, non verrà a mancarci ciò che è necessario per la nostra vita.
La parola “quotidiano” traduce una parola greca di significato non molto sicuro: C’è chi traduce “quotidiano”, C’è chi traduce “sovra sostanziale”; comunque data la presenza di “oggi”, “quotidiano” sembra un sovrappiù, quindi moti ritengono sia più corretto tradurre sovra sostanziale, quindi viene chiesto quel pane sovra sostanziale che è il pane della Parola, il Pane eucaristico, che non chiediamo per il singolo, ma nella pluralità della famiglia cristiana.
Ecco quindi la condivisione, il pane viene chiesto per tutta la famiglia, e siccome siamo un’unica famiglia, il pane lo chiediamo insieme e lo condividiamo. Il pane materiale, intellettuale, soprannaturale della presenza di Dio, quindi condividiamo questi doni secondo l’esempio delle prime comunità cristiane.
“Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Potremmo dire che questa invocazione, doppia nel vangelo di Mt, quasi una celebrazione della misericordia di Dio, che nell’AT viene chiamata con due parole e quindi in un certo senso significa due cose contemporaneamente: una parola indicava le “viscere”, le viscere di misericordia del nostro Dio. Spesso abbiamo detto che significa la commozione di una madre nel contemplare il frutto del suo grembo. Questa misericordia di Dio, un amore pieno di tenerezza, che ha il figlio nei confronti del Padre, e che ha il Padre nei confronti di ciascuno di noi. Un amore pieno di tenerezza che comprende tutte le debolezze, anche gli errori del figlio, e se qualche volte lo punisce lo fa sempre per amore, perché gli vuole bene, lo vuole liberare dai pericoli e dai mali. Lo trae però con legami d’amore, lo porta alla sua guancia e gli dà da mangiare.
L’altra parola con cui indica la misericordia di Dio, fedeltà al patto, ricordiamo Es 19,3-8. Dio fa un’alleanza con l’uomo, alla quale è fedele sempre, anche quando l’uomo non lo è (Neemia 9).
Anche nel salmo 135 c’è la visione della misericordia di Dio, protagonista della storia del popolo ebraico.
Nel NT questa misericordia si manifesta in Gesù, perché Egli non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori, ricordiamo Lc 15, ossia la parabola della pecorella smarrita, della dracma smarrita, del figliol prodigo, o meglio del Padre misericordioso, dove Gesù risponde a chi lo criticava perché stava con i peccatori.
Gesù esprime dunque l’infinita misericordia di Dio, ricordiamo ancora il dialogo con la peccatrice (Lc 7, 36-51). Gesù è venuto a portare su di sé le nostre infermità e viene incontro alla miseria umana; e qua si potrebbero ricordare i brani di Gesù e del paralitico (Gv 5, 1-18), di Gesù che guarisce il cieco nato (Gv 9), Gesù che risuscita Lazzaro (Gv 11).
Nel paralitico Gesù prima di guarirlo riattiva la speranza, diventando l’uomo della speranza.
Il cieco è uno che non ci vede più, ma il vedere in Gv ha anche un altro significato: conoscere Gesù, la verità, la verità che salva, che è cibo per l’Amore, cibo indispensabile. Finalmente Lazzaro, uno che non sa più vivere, che è morto e gli ridà la vita.
Quindi questa misericordia è una misericordia che viene incontro alle necessità dell’uomo e lo colma in ciò che gli manca. Questo atteggiamento di Gesù, di misericordia nei confronti dell’uomo dovrebbe poi essere la misericordia nostra; Dice Gesù nel discorso della montagna riferitoci da S. Luca: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste” (Lc 6,36).
Questo essere misericordiosi per noi non è soltanto un semplice moto del cuore, un atto di tenerezza che può essere positivo, ma è un dovere, un dovere nel rispetto dell’alleanza che noi abbiamo sancito con Dio. La misericordia, la fedeltà e la tenerezza sono complementari. Fedeltà e tenerezza perché intanto la fedeltà nasce da una situazione obiettiva più che da un sentimento di commozione.
Certo la tenerezza è anche un’educazione del cuore, cioè un cuore che da cuore di pietra va diventando sempre più carne, e quindi si commuove sempre di più per gli altri. La sola fedeltà senza la tenerezza può diventare solo organizzazione sociale dell’aiuto dato impersonalmente, come le situazioni sociali che trattano certe volte le varie persone che hanno bisogno di assistenza come dei numeri senza considerare le situazioni personali oggettive. La tenerezza senza l’affetto della fedeltà può correre il rischio di diventare semplice sentimentalismo; quindi le due code vanno insieme. Per esempio, quando noi facciamo il volontariato, se lo facciamo mettendo insieme la due cose allora questo volontariato sarà costante.
Quindi questa misericordia deve essere simile alla misericordia di Dio. La nostra misericordia nasce dall’aver ricevuto misericordia da Dio, dall’essere oggetto di misericordia. Ricordiamo a proposito il brano di Mt 18 del servo spietato che è come una esplicitazione del “Quante volte dovrò perdonare” (Mt 18,21-35).
Ciascuno di noi nei confronti di Dio ha un debito insolvibile, nel senso che tutto quello che abbiamo viene da Lui.
Se volessimo restituirgli tutto quello che ci ha dato, dovremmo dargli tutto quello che siamo o abbiamo e neppure basterebbe perché molte cose che Lui ci ha dato, noi le abbiamo perdute.
“Io sono poca cosa e tu l’immensità”, ecco che da questa consapevolezza procede la misericordia del cristiano. La misericordia deve essere rivolta a tutti, specialmente verso chi non sembra meritarla, e deve prevenire la misericordia e il perdono. Dice Gesù: “Se sei sull’altare a dare la tua offerta e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta, va e riconciliati con tuo fratello e poi fai la tua oblazione” (Mt 5,23-24).
La misericordia segue la via del Cristo, che vede le miserie e le solleva, che scopre e risana anche le miserie più profonde, con l’annuncio del vangelo.
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