XII ANNIVERSARIO DELL’UCCISIONE DI
DON PINO PUGLISI
INIZIO DELL’ANNO PASTORALE
OMELIA DEL CARD. ARCIVESCOVO
Cattedrale, 15 settembre 2005
- Insieme con Maria Addolorata sostiamo ai piedi della Croce del suo Figlio divino, che la liturgia della Chiesa ieri ha presentato alla nostra adorazione, come segno e strumento di liberazione e di salvezza, di risurrezione e di vita.
E solo contemplando la Croce del Martire divino con gli occhi e col cuore della Madre sua, noi possiamo comprendere la vittoria dell’amore di Dio sul peccato dell’uomo, in ogni luogo e in ogni tempo.
Con gli occhi e col cuore di Maria, che Gesù ha lasciato nella persona di Giovanni come Madre di tutta l’umanità, nel suo Figlio Crocifisso noi contempliamo tutti i crocifissi della storia, uomini e donne, che lottando per il trionfo della verità e del bene, hanno sacrificato la vita sotto i colpi violenti e sanguinari degli operatori della menzogna e del male. - Fra i tanti crocifissi della storia, questa sera noi vogliamo contemplare in particolare il servo di Dio Don Pino Puglisi, uno dei sacerdoti più luminosi della Chiesa palermitana, ucciso proditoriamente dodici anni fa dalla mafia, perché con la sua azione pastorale le sottraeva le nuove generazioni di Brancaccio.
Mentre eleviamo al Signore la preghiera perché dalla Chiesa sia riconosciuto il martirio del suo servo fedele come forte e stimolante esempio di coraggio civile e di dedizione apostolica non solo per noi siciliani ma per tutto il mondo, diamo inizio al nuovo anno pastorale nel ricordo del suo sacrificio che, suggellato col sangue, lo ha reso più conforme a Cristo sacerdote e vittima, al quale era stato configurato con l’Ordinazione presbiterale. - Dare inizio all’anno pastorale facendo la sua memoria, che deve crescere in tutti come coscienza critica e luminoso punto di riferimento, è ormai significativa tradizione della nostra Chiesa palermitana. Essa, come ho detto al Santo Padre Benedetto XVI subito dopo la sua elezione, oggi ama identificarsi con questo suo figlio sacerdote, che non ha avuto paura di compiere il ministero pastorale in mezzo ai giovani, nonostante rischi e minacce, ostilità e incomprensioni, violenze e intimidazioni, proponendo loro percorsi educativi seri ed esigenti, perché illuminati dalla luce del Vangelo, sorgente sicura e inestinguibile di verità, di libertà, di autentica legalità.
La formazione delle coscienze: questo ha fatto don Pino come sacerdote. E questo è il modo proprio con cui la Chiesa combatte la mafia, perversa struttura di peccato assolutamente inconciliabile col Vangelo e con la vita cristiana. Nello stesso tempo, come Don Pino Puglisi non si stanca di esortare alla conversione, con quella forza evangelica con la quale l’amatissimo e indimenticabile Papa, il Servo di Dio Giovanni Paolo II lo fece nella Valle dei Templi tredici anni fa.
Quel “me l’aspettavo”, detto al suo uccisore da Don Pino con l’ultimo sorriso, oggi sembra indicare un’attesa di conversione, che è cambiamento di mentalità, di comportamenti, di vita; sembra risuonare come un invito a uscire una volta per sempre dal tunnel tenebroso e disumano della malavita per ritornare a Dio, ritrovare alla luce del sole la pace interiore, restituire la serenità alle famiglie e sicurezza alla società. - Il nuovo Anno Pastorale impegna la nostra Chiesa, in sintonia con tutte le Chiese d’Italia, a proseguire nel cammino di riscoperta del volto missionario delle nostre parrocchie in un mondo che cambia.
L’anno Eucaristico Diocesano del 2004 e l’Anno speciale dell’Eucaristia del 2005 ci hanno fatto riscoprire la forza propulsiva del rinnovamento pastorale della parrocchia in senso missionario, l’Eucaristia da conoscere più profondamente, da celebrare più fedelmente, da ricevere più degnamente, da adorare e contemplare più ardentemente, soprattutto nel Giorno del Signore. - Quest’anno intendiamo riscoprire il luogo primario da cui ripartire, per ridare slancio missionario alle nostre parrocchie, e questo è la famiglia.
Nella mia lettera pastorale “Parrocchia, prendi il largo”, ho presentato la parrocchia come “una famiglia di famiglie”, intese, queste, non semplicemente come destinatarie, ma come protagoniste vive ed essenziali dell’azione pastorale.
Precisavo ancora che “il contributo della famiglia alla pastorale della parrocchia oggi è tanto più necessario quanto più evidente si manifesta, anche da noi, la crisi della famiglia a causa dell’influsso nefasto degli elementi negativi delle culture dominanti.
Era stato già notato, questo, nel Convegno di Palermo di dieci anni fa. “La mentalità individualista e refrattaria agli impegni duraturi incide sulla diminuzione dei matrimoni, sull’alto numero delle separazioni, dei divorzi e delle convivenze di fatto. Il soggettivismo, incurante della verità e dei valori oggettivi, porta a giustificare l’aborto e ne facilita la diffusione; misconosce la stessa famiglia come realtà radicata nella nostra natura e la riduce a mutevole prodotto culturale” (Con il dono della carità dentro la storia, 36).
Ma a dieci anni di distanza, la situazione si è aggravata. Lo ha riconosciuto recentemente anche il Papa Benedetto XVI nel discorso all’apertura del Convegno ecclesiale di Roma su famiglia e comunità cristiana, affermando fra l’altro che “le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il matrimonio di prova, fino allo pseudo matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione dell’uomo. Una tale pseudo libertà si fonda su una banalizzazione del corpo, che inevitabilmente include la banalizzazione dell’uomo”. - Giovanni Paolo II nella Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, nella Lettera alle famiglie e nei Messaggi in occasione delle “Giornate Mondiali della Famiglia” ha difeso strenuamente l’identità, la soggettività ecclesiale e sociale della famiglia, esortando tutte le comunità ecclesiali all’impegno di evangelizzare, celebrare e servire il Vangelo del matrimonio e della famiglia, non solo per salvarla dalle aggressioni culturali e politiche che la minacciano, ma anche per farne la risorsa più preziosa del rinnovamento della Chiesa e della società.
Questo impegno noi intendiamo riassumere con più motivata consapevolezza alla luce della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa, riprendendo in modo particolare il Direttorio di Pastorale familiare della CEI che ne costituisce una sintesi preziosa e completa, a livello di dottrina e di prassi.
Si tratta ora di contestualizzarne i contenuti, le indicazioni e le norme nella nostra situazione diocesana. E questo è l’obiettivo dell’Assemblea Generale che oggi si apre. Essa continuerà nei giorni successivi, attraverso le assemblee particolari dei diversi Centri pastorali alle quali parteciperanno i corrispettivi referenti parrocchiali, per il necessario e doveroso coinvolgimento delle parrocchie.
L’Assemblea generale si concluderà il 14 ottobre con la presentazione da parte del Vescovo Ausiliare delle relative conclusioni, utili per la pubblicazione del Direttorio Diocesano di Pastorale familiare, che sarà oggetto di studio e di catechesi, di proposta e di verifica, di regola e di norma per tutte le comunità ecclesiali. - Se in ogni ambito della pastorale il “camminare insieme” è una necessità ineludibile per evitare disorientamenti e confusioni nei fedeli, indebite fughe in avanti e paralizzanti ritardi da retrovia, a scapito della comunione effettiva e anche affettiva dei presbiteri, degli operatori pastorali e delle stesse comunità parrocchiali, in quello della pastorale familiare tale necessità è più urgente ed esigente.
E tutto questo a cominciare dalla preparazione remota, prossima e immediata al matrimonio, sul quale si fonda la famiglia, e dalla celebrazione del sacramento, dal quale parte la famiglia.
Il nuovo Rito del Matrimonio offre un’occasione privilegiata per farlo, ma deve essere conosciuto e rispettato da tutti, per non svigorirne la capacità di formazione, di santificazione e di guida. - Altre volte ho ricordato a me e a voi che la fecondità e la credibilità della missione è garantita dalla comunione ecclesiale con la quale la si esercita nell’unità, nella concordia e nella reciproca collaborazione. Questa a sua volta scaturisce spontanea, disinteressata, generosa quando procede dalla convinzione che tutti noi pastori, come d’altronde tutti gli operatori pastorali, siamo umili servitori dell’unico Pastore che è Cristo e collaboriamo con lui in questa porzione della sua vigna, che è la Chiesa di Palermo.
Ciò esige che dobbiamo agire con fedeltà assoluta a lui e unicamente per la sua gloria e non per la nostra. La fedeltà alle norme della Chiesa è espressione luminosa della rettitudine delle intenzioni, dell’umiltà gradita a Dio, della nostra unione con lui e della nostra amicizia con Cristo, alimentata dalla contemplazione e dalla preghiera. - Dall’azione pastorale e dagli insegnamenti di P. Pino Puglisi emerge il suo forte impegno di imprimere alle comunità a lui affidate un’impronta decisamente missionaria, attraverso una evangelizzazione costante e capillare e un’apertura a tutto campo alle istanze del territorio, prima a Godrano e poi a Brancaccio.
Ma emerge anche l’attenzione che egli ha posto alla pastorale familiare. La sua visione della famiglia come chiesa domestica è chiara e precisa, e dai suoi appunti si rileva la fedeltà al Magistero i cui documenti sono citati con dovizia di riferimenti. In una felice sintesi, egli presenta la famiglia come comunità di fede, di preghiera, di carità, aperta alla vita, al servizio, al vicinato, saldata ad altre famiglie, aperta alla parrocchia, all’impegno civile e al terzo mondo.
Non si nasconde, Don Pino, le fatiche e le difficoltà familiari, ma precisa che proprio per questo la famiglia non deve restare sola e indica la strada da fare insieme: crea così i primi gruppi di famiglie.
Stigmatizza la concezione privatistica del matrimonio, purtroppo ancora diffusa. “Molto spesso – egli diceva – si tende a rendere il matrimonio fatto privato senza alcuna implicazione sociale, ma bisogna uscire dalla mentalità e visione della persona come individuo e se stante, per cogliere il carattere di ognuno come relazione all’altro.
Insiste sulla preparazione al matrimonio, perché gli sposi siano “coscienti di ciò che fanno”.
Sottolinea la grazia del sacramento, che fa dell’uomo e della donna il segno visibile dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo per la Chiesa.
Difende la vera identità della famiglia fondata sull’amore interpersonale dell’uomo e della donna nel matrimonio, come anche la sua soggettività sociale come cellula della società.
Mette soprattutto in rilievo la missione ecclesiale e sociale del matrimonio con questa stupenda osservazione: “Il matrimonio è un fatto di grazia, di vocazione, un servizio e dunque una missione nella Chiesa e nella società. Sposarsi in Chiesa dunque significa che i due mettono a disposizione di Dio il loro amore perché venga trasformato in annunzio del suo amore per il mondo. Così bisogna che gli sposi imparino ad amare per primi anche quando l’altro ama meno, a mettere a disposizione della comunità le esperienze di vita”. - Carissimi sacerdoti, diaconi, anime consacrate e fedeli laici. Il Signore ci invita in questi giorni a collaborare con lui attraverso la preghiera, lo studio, il dialogo fraterno per individuare le vie migliori perché le nostre parrocchie diventino sempre più missionarie a partire dalle famiglie.
Non è un’impresa facile in un contesto socio-culturale come il nostro, nel quale il relativismo etico diffuso e il permissivismo ideologico di certi legislatori finiscono per offuscare la vera identità della famiglia che anche la nostra Carta Costituzionale riconosce fondata sul matrimonio. Si dimentica che il danno inferto alla famiglia si riversa inesorabilmente sulla società, della quale la famiglia è la cellula fondamentale, a danno soprattutto dei figli, prime vittime di ogni dissesto familiare.
Tuttavia, non dobbiamo scoraggiarci per questo. Non solo perché la maggior parte delle nostre famiglie sono ancora sane e costituiscono, perciò, il segno più concreto della speranza. Ma anche perché le famiglie in difficoltà ci stimolano a un rinnovato e più concorde impegno pastorale di testimonianza, di annunzio, di preghiera, di accompagnamento solidale e sincero.
Non confidiamo sulle nostre povere forze umane, ma sulla forza di Dio, sull’amore del Padre, che ha istituito il matrimonio, sulla grazia del Figlio Gesù, che lo ha elevato alla dignità di sacramento, sulla potenza dello Spirito Santo, sorgente perenne di santificazione, di concordia, di fedeltà e di unità tra gli sposi.
E certamente non ci mancherà il sostegno materno della Vergine Maria, modello di vita coniugale e di santità familiare. Amen.
+ Card. Salvatore De Giorgi
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