CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN MEMORIA DEL SERVO DI DIO
DON PINO PUGLISI
NEL 14° ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE
Cattedrale, 14 settembre 2007

Fratelli e sorelle amati dal Signore ed a me carissimi!
È ormai tradizione della nostra Chiesa di Palermo che, dopo il periodo estivo e prima di ridare più piena vitalità alle diverse attività pastorali, ci ritroviamo insieme in Cattedrale per vivere un forte momento comunitario nella celebrazione dell’Eucaristia e nel ricordo di don Pino Puglisi, sacerdote della nostra Chiesa ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993.
È facile comprendere che non si tratta di fare una semplice commemorazione della morte di don Pino, piuttosto di lasciarci guidare tutti insieme dal suo esempio di vita, dalla sua profonda testimonianza evangelica, dal suo servizio intenso a favore della giustizia e della dignità della persona umana, nel nome di quel Cristo che egli amò e ritrovò in ogni fratello.
In questo e in molto altro ancora la memoria di don Pino assume una portata così vasta da essere in grado di coinvolgere tutte le componenti della nostra Chiesa diocesana, illuminandone e motivandone i cammini e le attività pastorali. In don Pino, figura eminente del nostro presbiterio palermitano dotata di una specifica e forte identità sacerdotale, emergono, infatti, tratti apostolici e motivazioni di slancio missionario che possono riflettersi su tutte le componenti ecclesiali, laiche e non.
Fare memoria di don Pino significa dunque ripartire dalla sua generosità di servizio, dalla sua profonda donazione a Dio e ai fratelli, per imitarne fino in fondo la perseveranza e le virtù, vissute con coerenza e slancio fino al giorno della sua uccisione.
Il Vangelo or ora ascoltato ci ha proposto una frase altamente significativa: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. Questa frase ci appare quasi una sintesi della storia della salvezza, un compendio che trova la sua disarmante centralità nel Cristo donato dal Padre agli uomini. La salvezza sgorga dal cuore del Padre che, per amore, dona agli uomini il suo Figlio, il suo unico Figlio, e giunge così al cuore dell’uomo che, credendo, arriva a possedere la vita eterna, la gioia senza fine, la comunione con Dio.
Al centro di questa donazione di Dio all’uomo, sta la Croce, sulla quale “bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”. La festa odierna dell’Esaltazione della Croce ci ricorda che essa, strumento di morte e condanna, può divenire mistero di vita e di gioia: ecco il mirabile paradosso di Dio che stravolge le logiche umane e innesta la sua premura amorevole nella storia degli uomini.
“Dio ha tanto amato il mondo…”. Una Parola che avrà certo risuonato tante volte nella mente e nel cuore di don Pino, che nella sua vita e nella sua opera presbiterale si è lasciato sempre condurre, quale autentico discepolo di Gesù, dal riferimento alla Scrittura.
Nei tanti incontri, ritiri, missioni, campi-scuola don Pino ha ribadito chiaramente quello che per lui era diventato uno stile di vita: la Parola di Dio va studiata, meditata, assimilata, perché irrori con la sua vita il quotidiano dell’uomo, di ogni uomo. Essa è protagonista indiscussa della chiamata che Dio rivolge all’umanità di ogni tempo e di ogni luogo, e innesta nei cuori la domanda cruciale: qual è il senso della mia esistenza?
Puglisi era consapevole che il suo agire sacerdotale fosse sempre ed unicamente l’agire di Dio e della sua Parola, che in modo discreto ma efficace arrivava in profondità. In ciò era aiutato dal suo carattere e dal suo modo di vivere: timido, autenticamente schivo, lontano dalle luci e dalla mondanità, don Pino non ha mai cercato né riflettori né attenzioni particolari, né titoli né grandiosità. Egli è stato sempre pronto a farsi trasparenza di Cristo, perché si percepisse che a parlare e ad agire fosse solo lui. Sì, perché, in fondo, don Puglisi ha avvertito forte il suo essere unicamente ministro dell’amore di Dio.
“Dio ha tanto amato il mondo…”. Sembra un’azione soltanto passata, ormai definitivamente conclusa nella vicenda della salvezza offerta a noi dal Figlio Gesù, nella sua morte e nella sua risurrezione. Dio ha amato il mondo perché ha donato il suo Figlio… e poi?
Don Pino è andato oltre. Come ministro di Dio e come uomo di fede. Ha saputo leggere e rileggere l’amore che Dio ha manifestato in passato e lo ha saputo volgere al presente: “Dio ama tanto il mondo…”. Dio non si è stancato di amare l’uomo, di tendere a lui la mano, di offrirgli possibilità di redenzione, tutte sgorganti dal cuore aperto del costato di Cristo innalzato sull’Albero della Vita.
L’ amore del Dio fatto uomo, l’agire del Dio Crocifisso, continua ad essere per gli uomini di tutti i tempi e di tutti luoghi. Dio continua ad amare gli uomini, non smette di accoglierli nella sua misericordia, non cessa di preoccuparsi per loro. E li ama nelle loro debolezze, li accoglie nelle necessità, li incontra nei cammini impervi della loro vita e – soprattutto – del loro peccato.
Di questo don Pino era certo. Al punto che per questa causa, che si incarna nella stessa vita di Cristo, egli spese la sua esistenza diventando sacerdote. Dio – infatti – continua a dimostrare il suo amore per l’umanità attraverso la sua Chiesa e, nella sua Chiesa, soprattutto attraverso coloro che sono costituiti pastori, dispensatori del suo amore.
Il Concilio vaticano II ha espresso bene questa importante connotazione del sacerdozio ministeriale, e don Pino, divenuto presbitero pochi anni prima del Concilio, ha saputo cogliere le profonde intuizioni dell’assise conciliare per trasmetterle ai fedeli dopo averle fatte proprie.
Ha guidato – con questa carità pastorale – diverse comunità parrocchiali senza mai perdere di vista la profondità della vocazione ad essere ministro della comunione. Per fare questo ha fatto del ministero dell’ascolto un vero e proprio punto cardine della sua vita.
Don Pino ha continuato a dimostrare che “Dio ama tanto il mondo” accogliendo e ascoltando sapientemente quanti si recavano da lui per essere guidati come figli spirituali, in modo particolare i giovani in ricerca vocazionale ed esistenziale. Nei loro confronti il suo lavoro paziente li ha guidati su una riflessione aperta alle molteplici prospettive di orientamento di scelte di vita. Ogni comunità ecclesiale, nell’idea di don Pino, doveva prendere consapevolezza della bellezza di qualunque chiamata, come chiamata all’amore, e imparare a gustare la responsabilità della conseguente risposta nella santità di vita. I vari percorsi vocazionali intrapresi da don Pino a livello diocesano, regionale e nazionale insistevano continuamente nel far passare questa idea che creava nei giovani domande profonde e forniva capacità di risposte libere e consapevoli.
Ma don Pino ha saputo mostrare l’amore di Dio anche nell’ascolto costante delle esigenze del mondo che lo circondava, della società che gli stava attorno. Don Pino ha capito che l’amore di Dio nei confronti del mondo doveva concretizzarsi nell’attenzione profonda ai cambiamenti sociali, nella percezione del disagio giovanile, nella ricerca di soluzioni che rendessero più dignitosa la vita dei fratelli.
Fin da giovane egli ha percepito il ministero presbiterale in modo unitario, evangelizzando senza mai stancarsi e adoperandosi nel contempo perché le condizioni degli uomini e delle donne che incontrava potessero esser più dignitose. Si è sempre battuto per il bene, coinvolgendo in questo anche persone non credenti, che, per la sua apertura di visioni e la sua capacità relazionale, lo apprezzavano e con lui collaboravano volentieri.
E ha compreso bene che l’amore di Dio per il mondo – che egli doveva testimoniare con la sua vita presbiterale – non si sarebbe potuto arrendere dinanzi agli ostacoli. Così, nel suo ministero pastorale mai si è sottratto a quanto doveva essere fatto anche quando ciò poteva causare l’isolamento o la reazione violenta della gente. Da buon pastore, e mai da mercenario, ha sempre difeso e si è sempre prodigato per le pecore a lui assegnate dal Pastore dei pastori, attraverso la parola del Vescovo, con il quale è stato sempre franco e onesto, anche quando ciò potesse comportare una diversità di opinione.
A tal proposito, nell’obbedienza, ha sempre accettato con gioia e generosità di andare a svolgere il servizio pastorale in zone difficili, specialmente presso le parrocchie di Godrano e di Brancaccio.
Per Brancaccio si è battuto fino alla fine, e ha continuato a battersi nonostante il non regolare accompagnamento delle istituzioni alle quali aveva chiesto aiuto. In questo quartiere, che ha visto la sua uccisione 14 anni or sono, don Pino Puglisi continua ancora oggi a vivere soprattutto in due realtà che lo hanno visto ministro di un’intensa opera di apostolato: la Parrocchia S. Gaetano, che ininterrottamente si pone come punto di riferimento costante per la rinascita della vita di fede del quartiere, e il Centro “Padre Nostro”, che ancora oggi continuano la sua attività e la sua opera, seppur fra tante difficoltà dovute alle sacche di resistenza al bene ancora presenti nel tessuto locale. Le minacce da quest’ultimo ricevute nei giorni scorsi sono solo la riprova del fatto che la missione di don Pino deve continuare non soltanto nella memoria ma soprattutto nell’azione coraggiosa a favore della legalità e per una costante promozione della dignità dell’uomo redento da Dio.
Proprio negli ultimi periodi del suo ministero a Brancaccio, quando era ormai consapevole dell’imminente morte, don Pino ha salvaguardato i propri collaboratori allontanandoli da lui. Come non pensare a Gesù che, a prima del suo sacrificio, afferma: “Padre, non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”?
Don Pino ha testimoniato la sua capacità di ascolto ed accoglienza nei confronti di tutte le realtà ecclesiali, adoperandosi per vari gruppi e movimenti, promuovendo diverse associazioni, lasciando con il suo servizio un’impronta fortemente diocesana.
Per questo motivo la nostra Arcidiocesi ne segue i passi, ne apprezza l’esempio, si nutre della sua testimonianza di vita. Per questo motivo il nostro convenire qui in Cattedrale assume il senso di un ascolto profondo alla sua scuola, che altro non è che la scuola del Vangelo di Cristo.
Alla maniera di Cristo che “spogliò se stesso assumendo la condizione di servo”, don Pino si è umiliato fino alla morte, ed è stato crocifisso con lui per essere partecipe della sua gloria. Lo vogliamo ricordare profondamente legato a questo autentico sacrificio mentre preghiamo il Signore affinché il processo circa il riconoscimento del suo martirio, avviato dalla nostra Diocesi, possa avere esito positivo. Il riconoscimento del martirio non farebbe altro che confermare la ricchezza delle virtù e la fecondità del ministero di questo grande sacerdote, autentico testimone di Cristo e annunciatore della speranza cristiana soprattutto in mezzo alle nuove generazioni.

Per questo, all’inizio di questo nuovo anno, il suo esempio ci sproni ad essere dinanzi a Dio e ai fratelli strumenti d’amore, per essere, nel mondo, membra vive di una Chiesa che si impegna per il bene dell’uomo. Sentiamoci in questo uniti, come Chiesa di Palermo, e impegniamoci in un agire comune che sia autentico servizio e coraggiosa testimonianza di vita cristiana.

+ S.E. Mons. Paolo Romeo

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