10° ANNIVERSARIO DELL’UCCISIONE
DEL SERVO DI DIO DON GIUSEPPE PUGLISI
OMELIA DEL CARDINALE ARCIVESCOVO
Cattedrale, 15 settembre 2003

  1. Da dieci anni, il 15 settembre, memoria liturgica della beata Vergine Addolorata, saliamo sul Golgota per ricordare, col sacrificio del suo Figlio, anche quello di uno dei figli migliori della nostra Chiesa Palermitana, il servo di Dio P. Giuseppe Puglisi, ucciso dalla mafia.
    Sostiamo anche noi in questa celebrazione ai piedi della Croce con Maria, la Madre di tutte le madri, che riassume in sé tutta la sofferenza, tutto il dolore dell’umanità, e fissiamo il nostro sguardo contemplativo sul Crocifisso, modello di ogni martirio, divenuto causa di salvezza per tutti attraverso quello che patì, come ci ha ricordato nella prima lettura l’Autore della Lettera agli Ebrei.
    Dall’alto della Croce, mentre ci dona come madre la madre sua e ci affida a lei per avere una guida sicura nel cammino della vita, ripete: “Nessuno ha un amore più grande di colui che da la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
  2. In questo contesto, nell’icona del Calvario, vogliamo ricordare la testimonianza del sacrificio del servo di Dio Don Pino Puglisi a sessantasei anni dalla sua nascita e a dieci dalla sua sacrilega uccisione.
    Ed è significativo che questo avvenga, come è ormai tradizione, all’apertura del nuovo anno pastorale, che vedrà impegnata la nostra Chiesa a conoscere con maggiore profondità, a celebrare con più intenso spirito di fede e a vivere con più consapevole coerenza il mistero eucaristico, memoriale del più grande sacrificio della storia, al quale P. Puglisi ha ispirato la sua vita sacerdotale e il ministero pastorale e che addita a noi come la sorgente del rinnovamento religioso, morale e sociale, da tutti auspicato.
    Come ho scritto nel Messaggio per l’odierna commemorazione decennale della sua sacrilega uccisione, “il sacrificio della sua vita è stato consegnato come dono di Dio alla sua Chiesa, alla nostra Chiesa di Palermo, e come segno della speranza della Croce che apre alla Risurrezione”.
    Del resto non può esserci efficace e feconda azione pastorale che non parta dalla Croce, che non sia illuminata dalla luce della Croce e non sia sorretta dalla forza della Croce, nell’accettazione di ogni contrasto, di ogni difficoltà, di ogni sacrificio, se occorre sino al martirio.
    Il martirio è la prova suprema della testimonianza cristiana e della fedeltà al Vangelo. Come insegna il Concilio Vaticano II, col martirio il discepolo è reso simile al maestro che liberamente accetta la morte per la salvezza del mondo e a cui si conforma sino alla effusione del sangue. Per questo il martirio è stimato dalla Chiesa come il dono eccezionale e la suprema prova della carità. Che se a pochi è concesso questo dono, tutti però dobbiamo essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce attraverso le persecuzioni che non mancano mai dalla Chiesa (cf 42).
    In questa prospettiva di fede va letto il sacrificio di Don Pino Puglisi.
  3. La sua sacrilega uccisione – per il modo in cui è avvenuta e per le motivazioni per le quali è stata eseguita – resta per la Chiesa di Palermo e per la nostra azione pastorale la voce perenne e implacabile del sangue, che invita al coraggio, alla coerenza, alla fortezza, alla santa audacia nell’esercizio del ministero sacerdotale e di ogni altro servizio nella Chiesa per il trionfo del bene su tutte le aggressioni e le perversioni del male.
    Una cosa è certa: Padre Puglisi è stato ucciso perché sacerdote, perché sacerdote coerente e fedele secondo il cuore di Dio, perché impegnato nell’annuncio del Vangelo e nel suo dovere di educatore, di pastore, di guida, soprattutto dei giovani.
    A ragione il Santo Padre Giovanni Paolo II, che dieci anni fa espresse “profondo sgomento e ferma esecrazione per tale disumano gesto di efferata violenza”, ha definito P. Puglisi “coraggioso testimone del Vangelo”, “generoso ministro di Cristo, impegnato nell’annuncio del Vangelo e nell’aiutare i fratelli a vivere onestamente, ad amare Dio e il prossimo”. Così questa sera vogliamo soprattutto ricordarlo.
  4. P. Puglisi è stato ucciso perché con la sua silenziosa ma efficace azione pastorale sottraeva le nuove generazioni alle suggestioni del male e alle aggressioni delle forze oscure e perverse della criminalità e della mentalità mafiosa. Divenuto, come Gesù, segno di contraddizione, è stato oggetto di amore da parte di coloro che sono al servizio della vita e di odio feroce da parte di quanti sono al servizio della morte. Ma non si è fermato di fronte alle minacce e ha testimoniato con la splendida realtà della sua vita sacerdotale e con il sacrificio del sangue che l’ha coronata, come la Chiesa sulla via che conduce da Cristo all’uomo non può essere fermata da nessuno.
    L’odio al suo zelo pastorale, alla sua opera di evangelizzazione e di formazione delle coscienze soprattutto giovanili, al suo impegno preferenziale per gli ultimi, che è parte integrante dell’evangelizzazione, non è semplicemente l’odio a un Sacerdote: è l’odio a Cristo, è l’odio alla Chiesa, è l’odio al Vangelo, è l’odio alla fede.
    Per questo la sua testimonianza ha il profumo del martirio. Riconoscere il martirio per la fede spetta solo alla Suprema Autorità della Chiesa. E per questo, come Pastore della Chiesa Palermitana, ho dato avvio al processo “super martyrio”, che seguo personalmente, e auspico ardentemente che – con i tempi e le modalità previste dalle norme canoniche – P. Pino possa essere al più presto riconosciuto martire a gloria di Dio, a edificazione della nostra Chiesa, a incoraggiamento del Clero, a sostegno di quanti lavorano per il riscatto del nostro territorio. E per questo s’innalzi continuamente la preghiera al Signore.
  5. A dieci anni dalla sua sacrilega uccisione, P. Puglisi parla ancora. Parla più forte. Parla a tutti. E come non può morire o appannarsi la sua memoria, così non può essere soffocata la sua voce, la voce del sangue, che invita a chiedere a Dio perdono per le nostre inadempienze e la grazia di seguire il suo esempio di fedeltà alla sequela di Cristo per combattere con coraggio, con fermezza, senza tentennamenti e senza compromessi, la lotta del bene contro il male.
    “Generoso ministro di Cristo”, sacerdote innamorato del suo sacerdozio e appassionato promotore della pastorale vocazionale, il servo di Dio Don Puglisi si rivolge anzitutto a noi, suoi confratelli, per ricordarci che il nostro ministero – come d’altronde la vita di ogni cristiano – è per sua natura vocazione al martirio di ogni giorno nella donazione totale, serena, gioiosa, generosa, al popolo di Dio e che dalla preghiera, culminante nella celebrazione quotidiana dell’Eucaristia, trae la forza per andare avanti nonostante le difficoltà, le incomprensioni, le avversità che esso comporta: il prezzo della carità pastorale è la Croce.
    “Coraggioso testimone del Vangelo”, P. Puglisi ci ripete che il nostro primo dovere è l’annunzio del Vangelo, soprattutto ai giovani, per aiutare i fratelli a seguire Cristo e quindi a vivere onestamente nell’osservanza dei suoi comandamenti, per formare le coscienze al rispetto delle persone, all’amore vicendevole, al gusto della solidarietà, al senso della legalità, alla capacità del perdono, e vincere così ogni forma di prepotenza, di violenza, di sopruso, di ritorsione, di ingiustizia, di collaborazione col crimine: piaghe antiche che non si riesce ancora a sanare, soprattutto dove maggiore è il degrado ambientale e morale. L’impegno di promozione umana è parte integrante della evangelizzazione e quindi del nostro ministero presbiterale.
  6. La voce di P. Pino giunge a tutti i cristiani per ricordare che la testimonianza del Vangelo oggi è necessaria come non mai per l’affievolirsi della fede in tanti cristiani. Cristiani che ne ignorano le verità fondamentali, che vivono come se Dio non esistesse, che non ascoltano la sua parola, che non mettono in pratica la sua legge, che non partecipano al sacrificio eucaristico, che non santificano il Giorno del Signore. Cristiani, che pur dicendosi tali o mostrandosi praticanti, aderiscono alle forze del male, alle strutture di peccato assolutamente incompatibili col Vangelo, come la mafia, infangando così il nome di Cristo, che è il Dio della vita e dell’amore. Erano queste le contraddizioni e le incoerenze che turbavano il cuore sacerdotale di P. Puglisi e lo stimolavano a una instancabile e molteplice azione pastorale, animata dalla preghiera e aliena da ogni forma di protagonismo, di esibizionismo e di preoccupazione mass-mediatica. Seguiamolo tutti, come comunità cristiana, in questa direzione. Dimostreremo così che il suo sangue non è stato versato invano.
  7. La sua voce giunge particolarmente ai genitori, perché con l’esempio e con la parola educhino al bene i propri figli, oggi esposti come non mai alle suggestioni della droga, dell’alcool, dei paradisi artificiali, e anche, soprattutto in certe zone, alla dispersione scolastica, alle peggiori forme di sfruttamento sociale, a violenze anche sessuali e ai tentacoli della malavita diffusa e organizzata. Era questo il suo più assillante tormento pastorale, come sta a dimostrare la creazione del “Centro Padre nostro”. “Il primo dovere a Brancaccio – diceva alcuni mesi prima di essere ucciso – è imboccarsi le maniche. E i primi obiettivi sono i bambini e gli adolescenti: con loro siamo ancora in tempo, l’azione pedagogica può essere efficace”.
  8. La sua voce giunge a quanti hanno responsabilità politiche e amministrative perché abbiano sempre più a cuore la soluzione dei problemi dei quartieri più a rischio o più abbandonati, come P. Pino non si stancava di chiedere quando era vivo per Brancaccio, dove purtroppo i suoi sogni non sono stati ancora del tutto realizzati. Egli era convinto che la mancanza dei servizi essenziali non solo li rende meno vivibili, ma ostacola ogni serio tentativo di liberazione, di riscatto, di risanamento, di rinnovamento, di formazione, con grande vantaggio delle organizzazioni criminali. Egli continua a ripetere: “Ciò che è un diritto non si deve chiedere come un favore”. Ascoltare chi si fa voce del popolo, soprattutto degli ultimi, è un atto di responsabilità e di amore alla Città.
  9. La sua voce, infine, giunge anche, e direi soprattutto, ai criminali di ogni genere con la forza profetica del Papa nella Valle dei Templi, per ricordare ad essi che egli, come Gesù, ha versato il suo sangue per la loro conversione, per la loro redenzione, per la loro liberazione dalla schiavitù del peccato, più dura del carcere più duro.
    Il sorriso con il quale ha detto al suo killer: “me l’aspettavo”, è un invito a tornare decisamente a Dio, che nella sua misericordia infinita li aspetta come il padre della parabola evangelica. Solo tornando a Dio, essi potranno ritrovare la pace del cuore e ridonare alla società e alle proprie famiglie la serenità perduta e la speranza nel futuro.
  10. Con questi messaggi, che P. Pino ci rivolge col cuore di Cristo Crocifisso e dell’Addolorata ai piedi della Croce, diamo inizio al nuovo Anno Pastorale che si snoderà ancora sul tracciato della Lettera apostolica Novo millennio ineunte e del Documento della CEI Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, accogliendo questo invito del Santo Padre: “Dare particolare rilievo alla Eucaristia domenicale e alla stessa Domenica, sentita come giorno speciale della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana. La partecipazione all’Eucaristia sia veramente per ogni battezzato il cuore della domenica: un impegno irrinunciabile, da vivere non solo per assolvere a un precetto, ma come bisogno di una vita cristiana veramente consapevole e coerente” (NMI, 35).
    Di una vita cristiana veramente consapevole e coerente ha bisogno la nostra Chiesa perché “l’apostasia silenziosa” di tanti cristiani di Europa, della quale ha parlato il Santo Padre nella Esortazione Apostolica “Ecclesia in Europa”, non risparmia neppure, anche se più lentamente, la nostra Regione.
    Ma non può esserci “consapevole” vita cristiana, se non è illuminata dalla Parola di Dio attraverso un rinnovato e più capillare annunzio del Vangelo e una più vigorosa catechesi per tutte le età e per tutte le condizioni di vita. La missione ’99 è sempre attuale e va attuata senza stanchezze ma con sempre nuovo fervore.
    Non può esserci “coerente” vita cristiana, se non è alimentata dalla forza e dalla grazia di Dio che ci viene comunicata attraverso i sacramenti e soprattutto l’Eucaristia nella misura in cui noi li riceviamo con la fede che essi presuppongono, nutrono e sostengono.
    Su queste istanze fondamentali della vita cristiana rifletteremo e pregheremo nell’Anno Pastorale, che oggi si apre e che sarà caratterizzato dalla celebrazione dei Congressi Eucaristici parrocchiali culminanti in quello Diocesano, il primo del nuovo secolo e a distanza di 65 anni da quello celebrato nel secolo scorso (1939).
    Di questa nuova tappa del cammino pastorale saranno indicati i traguardi, i percorsi e gli strumenti nella Assemblea Diocesana, che si svolgerà qui in Cattedrale il 13 ottobre sul tema “Eucaristia e Giorno del Signore”: un tema che nei prossimi giorni sarà oggetto di analisi, di studio e di proposte da parte di tutti i Centri Pastorali diocesani, le cui conclusioni saranno offerte ai Consigli Pastorali Parrocchiali per la necessaria contestualizzazione nelle singole parrocchie, anche in ordine alla celebrazione dei Congressi Eucaristici Parrocchiali, che avranno inizio con il nuovo Anno Liturgico.
    Affidiamo il nostro impegno all’aiuto del Signore, che nell’Eucaristia si dona ogni giorno a noi ed è presente continuamente in mezzo a noi, e all’intercessione di Maria, “donna tutta eucaristica”, che non ci stancheremo d’invocare con la recita quotidiana del Rosario per l’efficacia della nostra azione pastorale.

+ Card. Salvatore De Giorgi

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