Un Prete esempio
Chi era TRE P
di Enza Maria Mortellaro
Era Il mio più caro amico. Un amico dolce, che sapeva capirmi perché mi guardava con uno sguardo pieno di tenerezza, un amico che mi ha tirato su dalla fossa della disperazione, dell’angoscia, del non senso della vita e delle cose.
L’ho conosciuto al Vittorio Emanuele; fu mio professore di religione, proprio durante gli anni in cui vivevo in maniera più critica la mia crisi esistenziale dovuta anche ad un’impostazione errata dl fede che mi presentava un Dio giudice dei quale bisognava aver paura perché aveva il potere dl mandarti all’inferno.
Poi, un giorno, questo “prete” propose alla classe di partecipare ad un campo estivo che aveva come tematica: “Che senso ha la mia vita?” proprio quello che Io mi chiedevo.
E così, poiché mi ero già date le mie risposte, mi sono detta: “vediamo che ha da raccontarmi questo prete”, e sono andata.
A Mezzojuso, lì dove ci recammo per fare questa esperienza, i miei pregiudizi nei suoi confronti furono messi subito in discussione.
lo che ero cresciuta con l’idea che anche i preti erano persone da temere, perché “avevano il potere di mandarti o no all’inferno”, io che guardavo i preti come quella categoria di persone da “rispettare”, da “osannare”, “per potere riscuotere la loro simpatia”, io che pensavo che il prete sapesse parlare solo di come “potevi farti suora o prete”, e che parlare con lui significava avere intenzione di questo genere, fui messa subito in discussione. Il mio professore dl religione, prete pure lui, era tutta un’altra cosa.
Avevamo i turni del servizio, essendo, il nostro, un campo autogestito, e lui non era stato inserito nel calendario, però durante l’intera durata del campo era lui che affettava i salumi, andava a buttare la spazzatura, serviva a tavola, andava a chiudere i cancelli la sera, faceva la spesa, riempiva l’acqua ecc. ecc.: e ancora: sapeva raccontare le barzellette, sapeva un’infinità di battute comiche, sapeva anche ridere di gusto e poi giocare, cantare nonostante credesse dl essere stonato.
E poi amava tanto la natura, perché diceva che li nostro Dio invisibile si manifesta nelle sue creature visibili. Abbiamo fatto tante e tante scalate insieme. Di notte si partiva, in fila indiana, e lui col sacco sulle spalle e il bastone, ci guidava per quei sentieri bui che già aveva perlustrato e ci taceva ammirare la luna e le stelle, le ranocchie e i fiori che si incontravano o ancora le farfalle o gli insetti strani.
E gli piaceva molto cantare in quelle occasioni: “conducimi Tu, luce gentile, conducimi nel buio che mi stringe, mi basta un passo, solo il primo passo…” E poi finalmente si arrivava in cima al monte e lì, dopo un’abbondante colazione, si contemplava li sorgere del sole recitando le lodi.
L’Eucaristia era il fulcro della sua vita e lui la celebrava ogni giorno perché diceva “non ne posso fare a meno“; “io sono sacerdote perché amo celebrare l’Eucaristia“.
Amava molto ha parola dl Dio ed era innamorato della figura del Cristo, soprattutto della sua umanità, con la quale lui si confrontava sempre e invitava pure noi a fare altrettanto.
Ricordo quanto amasse il vangelo di Luca, perché diceva: “Soprattutto questo evangelista, sa delineare in maniera tanto delicata i tratti umani della figura di Cristo” e amava tanto anche il brano delle Beatitudini che tante e tante volte ci ha proposto per la nostra riflessione.
La sua era una presenza discreta ma profonda, per nulla insistente, sincera e disinteressata.
Ci ha insegnato a pregare, e quando ci ha proposto come metodo di preghiera la lectio divina., ci diceva che il primo atteggiamento da assumere nei confronti del Dio era quello del “ringraziamento” per tutti i doni che Lui ci aveva dato, per il dono della Sua Presenza.
Le sue parole erano semplici e soprattutto quando parlava di Dio, il tono della sua voce diventava più dolce e più sommesso. E così ci ha insegnato a non temere il nostro Dio, perché lui diceva che Gesù stesso si era rivolto al Padre chiamandolo Abbà cioè paparino mio; e allora come potevamo avere paura di questo Dio così pieno dl tenerezza per i suoi figli?
A poco a poco Il “prete” di cui avevo paura, mi si è rivelato amico, dicevo prima il mio più caro amico. Conosceva tutti i miei pensieri, tutte le mie paure, le mie ansie, i miei scoraggiamenti, e mi ripeteva sempre “io ti voglio bene, ma Lui te ne vuole molto di più“.
E mi ha insegnato pure questo: mi ha insegnato a fidarmi di LUI, mi ha guidato verso il Sole che mi indicava giammai con i “discorsi” ma con la sua vita, e io ormai la sua vita la conoscevo molto bene.
E’ stato detto, avrà avuto intimidazioni, telefonate.., chissà come si sarà sentito solo!
Sono convinta pure io che le intimidazioni siano arrivate, ma sul fatto dl essersi sentito solo, questo non lo penso affatto.
L’ultima volta che ci siamo visti era luminoso, raggiante di luce, e mi disse:”…però non devi essere triste...” e io ho risposto: “3P, io non sono triste, solo ho paura…” e lui: “e non devi avere paura, perché Lui è con te e ti vuole bene e anch’io te ne voglio tanto e ti vorrò bene per sempre“.
Ed è vero, ora che lui è nella gloria di Dio, io non mi sento triste, infatti gioisco pienamente, perché so che finalmente ha incontrato il Sole, quel Sole che tanto amava e che ci ha insegnato ad amare.
Sento dentro, nonostante il grande turbamento per quanto è successo, una serenità prepotente, che mi dà la forza di sorridere ancora, che mi dà Il coraggio di dire con fede: “lo credo Signore e fidando nella tua Parola continuerò ad amarti e a lodarti tutti i giorni della mia vita, e chissà se anch’io potrò essere strumento nelle tue mani per suscitare negli altri la nostalgia di Te e del Tuo Amore”.
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