OMELIA DELL’EM.MO ARCIVESCOVO
DURANTE LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
NEL 1° ANNIVERSARIO DELL’UCCISIONE DI DON GIUSEPPE PUGLISI
Cattedrale 15 Settembre 1994

  1. “Vi darò pastori secondo il mio cuore”. La promessa fatta da Dio al suo popolo nei tempi della prima Alleanza venne realizzata attraverso l’invio di capi, profeti e re che, di volta in volta, ricevevano il compito di guide e reggitori spirituali o temporali, perché gli israeliti non fossero come un gregge sbandato ed errante sui monti.
    Ma sappiamo che il vero Pastore inviato da Dio al suo popolo, una volta per sempre, è stato Gesù, sommo ed unico sacerdote della nuova Alleanza, stipulata non più con il segno sacrificale della immolazione dell’agnello, ma con il sacrificio di se stesso nella passione e nella croce.
    È il Buon Pastore che non toglie la vita, ma la dà per le sue pecorelle, prendendosene cura, una per una e di tutte insieme, proteggendole dai lupi, salvandole dai dirupi, cercando di portarle tutte in salvo nell’unico ovile. Gesù diventa modello di come debba essere ogni vero buon pastore della Chiesa, vescovo o sacerdote che sia, disposto cioè ad assistere, a prendersi cura e a donare con sacrificio la propria vita per il bene e la salvezza del gregge a lui affidato.
  2. Così intendeva il suo ministero l’apostolo Paolo che scrivendo, come abbiamo inteso, ai fedeli di Tessalonica ricordava il coraggio che era stato necessario nell’annunziare loro il Vangelo di Dio, in mezzo a molte lotte… l’amarevolezza che aveva usato nei loro riguardi “come una madre che nutre ed ha cura delle proprie creature”.., disposto a dare per essi “non solo il Vangelo di Dio ma la stessa vita” (1 Ts 2,1-8).
    La radice della capacità di tale servizio e sacrificio sta tutta nell’amore. Un primo amore è quello che ogni pastore deve nutrire per il Signore Gesù, Pastore dei pastori: “mi ami tu?” chiede egli, come già a Pietro, prima di affidare a chi sia un compito pastorale: “mi ami tu?”… solo allora potrai prenderti cura del gregge ed amarlo sino al supremo sacrificio. I pastori devono essere sempre uniti a Cristo in un supremo impegno di amore, e devono poter ripetere, sempre con l’apostolo Paolo:
    “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, la spada?… Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori.., infatti né morte,. né vita, né potenze angeliche, né presente, né avvenire… né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore… “(Em 8,35-39).
    È l’esperienza di quanti, nella storia della Chiesa per avere voluto annunziare il Vangelo ed operare per il bene dell’umanità, anziché accettazione e consensi ne hanno ricevuto rigetto e persecuzione. E il lamento che Gesù stesso ha levato nei riguardi di quella Gerusalemme che uccide i profeti e che lapida quanti le sono inviati… “Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Mt 23,37).
  3. Don Giuseppe Puglisi è stato in questa nostra Chiesa palermitana un sacerdote, un pastore secondo il cuore di Dio, secondo l’esempio di Cristo: un pastore buono che, pieno di amore per il Signore, ha amato anche i fratelli e le sorelle che gli venivano affidati, li ha curati con fedeltà ed ha dato per essi le sue energie, il suo tempo, la sua mente, il suo cuore, senza nulla riserbare per se stesso, esponendosi anzi, come poi è avvenuto, al sacrificio della vita. Oggi siamo qui per ricordare e celebrare il primo anniversario della sua immolazione.
    Cadde sotto il colpo assassino perché era stato deciso dai prepotenti e boss della zona che egli non dovesse più svolgere quell’attività educativa e formativa per cui tanti ragazzi, tanti giovani, un intero Quartiere fossero sottratti alle conseguenze dell’ignoranza, della diseducazione familiare e sociale, alla cultura della violenza, che si esprime tanto come sopraffazione dei deboli, sia come passiva sottomissione di essi ai voleri dei prepotenti. In un contesto “mafioso” la dignità e la libertà umane vengono ignorate e calpestate, mentre Don Puglisi, in nome del Vangelo e della missione educatrice da esso affidatagli, cercava di ottenere che ciascuno comprendesse la necessità di sottrarsi ad ogni pesante giogo e disporre della propria esistenza senza umilianti asservimenti, per diventare, da schiavi, uomini liberi.
    Quanto sono giustificative a tal riguardo le parole che nella sua ultima omelia rivolgeva dall’altare a quanti lo contrastavano per l’opera da lui svolta nella Parrocchia, nel Quartiere, nel Centro Sociale “Padre nostro”: “Vorrei conoscere e sapere i motivi che vi spingono ad ostacolare chi vuole educare i vostri bambini alla legalità, al rispetto reciproco, ai valori della cultura e dello studio. Chi usa la violenza non è uomo. Chiediamo a chi ci ostacola di riappropriarsi dell’umanità”.
  4. La violenza è proprio disumana: procede da egoismi scatenati e da un odio che distrugge la vita, seminando dolori e lacrime in una moltitudine di famiglie che piangono, ora le une ora le altre, quanti, di volta in volta, cadono sotto i colpi assassini, secondo una logica perversa. Le 150 piantine che nei giorni scorsi, con un preciso intento, sono state collocate nelle strade del Quartiere Brancaccio segnavano i posti nei quali in questi ultimi dieci anni sono cadute le vittime predeterminate di tanto odio e di tante vendette. E stata una muta – e speriamo efficace – azione imploratrice di umanità, di pace, perché cessi una tale assurdo sterminio e si possa dar luogo ad un clima di vita regolata, pacifica, civile, veramente cristiana. Per questo lavorava instancabilmente Don Giuseppe e quanti con lui condividevano il proposito di fare qualche cosa per il vero progresso del Quartiere, rivolgendosi con semplicità, ardimento ed insistenza alle Autorità cui compete intervenire per risanare il degrado dell’ambiente. Lo stesso giorno della sua morte era stato a sollecitare l’apertura della Scuola Media e di qualche altra struttura adatta all’educazione dei giovani.
    Quanto mai pacifiche erano “le armi” con cui intendeva raggiungere tale nobile intento: l’ascolto di tutti e il dialogo con tutti, l’accostamento di ragazzi, di giovani, di famiglie ai quali annunziare il Vangelo della salvezza integrale dell’uomo, attraverso la liberazione interiore ed esterna di ogni forma di disordine e di male. Era la stessa azione che Don Giuseppe aveva svolto e svolgeva in ogni ambiente nel quale era stato prima chiamato ad esercitare il suo ministero sacerdotale: nelle Parrocchie, nella Scuola, nei Campi giovanili, nel Centro Diocesano Vocazioni, nel Seminario. Tutta una attività che non aveva nulla di clamoroso, ma che riusciva tanto efficace e concreta. Ne sono ora testimoni quanti poterono avvicinarlo ed ascoltarlo nei 33 anni del suo molteplice apostolato.
  5. La Chiesa palermitana e noi tutti non potremo dimenticare questo servo fedele; poiché egli ha istruito ed aiutato molti ad essere giusti e a fare cose giuste, la sua memoria, quale stella fulgente, brillerà di luce perenne. Ma non potrà né dovrà essere un ricordo puramente commemorativo e laudatorio, bensì operativo ed efficace. L’azione che Don Puglisi credette di dover svolgere nei luoghi del suo impegno pastorale è la stessa di cui ha bisogno tutta la nostra Palermo, nella varietà e diversità del suo territorio, sia urbano che extraurbano: nel centro storico, nelle periferie, nei quartieri residenziali, in quelli dove si svolgono attività pubbliche e commerciali, nelle cittadine e nei paesi dell’Arcidiocesi… La Chiesa palermitana tutta, nel sue varie componenti, deve con lo stesso impegno affrontare tutte le esistenti situazioni di degrado ambientale, di incultura, di arbitrio, di violenza esercitata in vario modo, compresa quella, ora venuta a galla, dell’estorsione e dell’usura. Dovunque è necessaria un’azione robusta di ricupero, a livello personale e comunitario, dei valori etici e morali che devono guidare e normare la vita di tutti. Ma è altrettanto chiaro che non si recupereranno tali valori se non sulla premessa di una riscoperta e rivalutazione degli aspetti spirituali e del senso stesso della vita umana: “fatti non foste per viver come bruti – ci direbbe il nostro Padre Dante – ma per seguir virtute e conoscenza”: l’istruzione, la cultura, la vera onorabilità, che è quella di essere onesti.
  6. Far conoscere, istruire, illuminare.., tale era l’impegno di Don Puglisi, quale missionario di quella Parola di Dio che, senza far violenza a nessuno, è però l’unica guida sicura per i passi di ogni uomo e dell’intera umanità. È una tale opera che va da tutti proseguita, senza lentezze ed esitazioni, ma con grande determinazione e coraggio: dai Sacerdoti, per il loro specifico compito di pastori, dai Religiosi, Religiose e persone consacrate, per la loro qualifica di testimoni dei supremi valori della vita, dai Fedeli laici tutti, per la comune partecipazione alla missione della Chiesa nel mondo, che è quella di essere proclamatrice di un Vangelo di giustizia, di amore e di pace.
    Per l’affermazione di questi valori è morto Don Puglisi: per questo dobbiamo continuare ad operare noi in Palermo, e la Chiesa stessa in tutto il mondo; non possiamo concederci alcuna tregua, come non se ne concede il Papa che, in giro per le nazioni, va proclamando la generale necessità di un ritorno a quella solidarietà, legalità, rispetto della libertà che sono le condizioni per cui si possa vivere nell’ordine e nel godimento di una duratura pace.
  7. Anche in Sicilia il Papa è venuto – e verrà ancora nel prossimo novembre – per proclamare, per gridare direi, questi principi di comportamento, la cui accettazione da parte di tutti significherebbe una vera “conversione”, un profondo rinnovamento morale, senza del quale illusoria e vana sarebbe ogni altra lotta che si voglia ingaggiare contro il male, le sue radici e le sue propaggini.
    È questo un impegno che oggi assumiamo e che meglio comprenderemo ed approfondiremo nel Convegno Diocesano dal 10 al 12 ottobre, quando la memoria di Don Puglisi e il suo esempio ci serviranno ancora per vedere come realizzare il grande e fondamentale Piano pastorale che è quello del rinnovamento evangelico della nostra Comunità. Saremo sempre in perfetta sintonia con il tema che la Chiesa in Italia svolge in questo decennio: “Rievangelizzazione e testimonianza della carità” e con quello del Convegno generale delle Chiese in Italia che avrà luogo proprio qui in Palermo nel novembre del ’95, dove il “Vangelo della carità” sarà considerato come necessaria premessa per una nuova società in Italia, non dominata dai contrastanti egoismi ed interessi che danno luogo a tante manifestazioni di illegalità e di violenza, ma guidata da quei principi di umanità, di uguaglianza e di collaborazione fraterna che sono l’espressione di un cristianesimo veramente compreso e vissuto.
    Non solo i Convegni ma anche la nostra preghiera e quella di Don Puglisi dovranno servire ad implorare che ascoltino il richiamo di Dio quanti non vollero ascoltarlo dalla sua bocca e, abbandonando i turpi sentieri della criminalità e della mafia, così intrisi di ingiustizia e di sangue, si rivolgano, convertiti, al Dio della misericordia e del perdono. In tale prospettiva di redenzione e di salvezza rimane sempre presente ed operante nella nostra Chiesa lo spirito eletto di colui che della sete di vera giustizia e del coraggio dell’amore fu tra di noi testimone con la parola, con la vita, con il martirio.
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