CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN MEMORIA DI DON PINO PUGLISI
CATTEDRALE 15 SETTEMBRE 1997
- “Segno di contraddizione”. Così il vecchio Simeone definisce quel bimbo che Maria gli offre fra le braccia il giorno della presentazione al tempio.
Una profezia che accomuna la Madre al Figlio. Lui, Gesù, sarà “un segno di contraddizione” e a lei “una spada trafiggerà l’anima”.
Una profezia che avrà il suo pieno compimento sul Golgota, dove il Figlio sarà inchiodato sulla Croce e lei, la madre, sarà presso la croce del Figlio: non contorta e sfinita dal dolore come una certa iconografia la presenta, ma dritta e dignitosamente consapevole di divenire, nella persona di Giovanni per esplicito affidamento da parte del Figlio, la Madre di tutta l’umanità, in modo particolare della umanità sofferente e dolorante.
Partecipe alla esaltazione e alla glorificazione del Figlio suo sulla Croce, l’Addolorata si presenta al cospetto della storia come la Regina dei martiri e la Madre di Speranza.
Non sono dei titoli in contrasto, perché se la speranza nasce dalla croce, dal martirio del suo Figlio, Lei è Madre di speranza perché pienamente associata al martirio del Figlio, come ricordiamo continuamente nella recita della “Salve Regina” e come l’odierna Liturgia ci ha fatto meditare nella preghiera colletta, con la quale abbiamo dato inizio alla celebrazione. - Resta, comunque, un mistero che solo alla luce della fede può avere una spiegazione, diversamente difficile se non impossibile.
L’autore della Lettera agli Ebrei, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, non nasconde l’aspetto umano di questo mistero, quando afferma che “Cristo nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà”.
Ma subito ne mette in luce l’aspetto divino quando aggiunge “pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì e reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per coloro che gli obbediscono”.
Segno di contraddizione, Gesù. Segno di risurrezione per coloro che credono in lui, segno di rovina per coloro che lo rifiutano o lo rinnegano. E per una semplice ragione: lui si è presentato come la via, la verità e la vita e, nel discorso della montagna, ha indicato la via maestra perché l’uomo cammini nella verità e abbia la pienezza della vita nel rispetto della vita propria e di quella altrui. - Oggi, purtroppo, c’è poco rispetto per la vita umana. Dal suo sbocciare al suo termine naturale, essa è sottoposta ad aggressioni senza numero e tragicamente in forme sempre nuove e inedite.
Su questo diritto primario dell’uomo, fonte di ogni altro suo diritto, si abbatte una cultura nichilista, che, negando le ragioni stesse della vita, soffoca ogni residuo di speranza, in una società divenuta asfittica per mancanza di amore, perché corrosa da un soggettivismo esasperato che porta all’individualismo senza aperture e a un relativismo etico che scompagina le regole fondamentali della convivenza sociale.
Ridare le ragioni della speranza è un tratto caratteristico e ineludibile della fede cristiana che le trae costantemente dalla logica della Croce di Cristo, dalla quale – come canta la Liturgia – è venuta la salvezza e la gioia del mondo, e perciò la speranza che non delude. - Di questa speranza che non delude, noi cristiani dobbiamo essere testimoni credibili e coraggiosi.
Testimoni credibili per la coerenza tra la fede e la vita che non ammette ipocrisie e compromessi con nessuna forma palese o occulta di illegalità, di ingiustizia, di corruzione.
Testimoni coraggiosi, che non si lasciano blandire dalle promesse né intimidire dalle minacce degli operatori del male, i quali, scardinando le regole fondamentali della convivenza sociale, rendono difficile la vita e spengono le ragioni della speranza.
Di testimoni coerenti e coraggiosi ha bisogno oggi la società, il cui risanamento economico, sociale e politico è possibile solo se passa attraverso il risanamento culturale, morale e religioso dei suoi membri. - Testimone credibile e coraggiosa della speranza che non delude è stata Madre Teresa di Calcutta, che l’altro ieri abbiamo ricordato in questa Cattedrale, come colei che, nell’accogliere il grido sgorgato dal cuore di Cristo morente sulla croce: “Ho sete”, lo ha riconosciuto e accolto nel gemito di ogni creatura umana ridotta a un rudere, a un rottame, a un rifiuto dall’egoismo imperante, donando la ricchezza dell’amore del Padre, incarnato nella sua fragile persona che oggi giganteggia nella storia perché con la forza di questo amore ha riunito attorno a sé uomini e donne di ogni razza e religione che in lei hanno ritrovato le ragioni e le condizioni per credere e sperare nella vita.
- Testimone credibile e coraggioso della speranza che non delude, più vicino a noi, è stato Padre Puglisi, ucciso quattro anni fa come oggi dalla più feroce e disumana organizzazione criminale: quella della mafia.
Il sorriso rivolto al suo killer che, proditoriamente lo uccideva con un colpo di pistola alla nuca, e le ultime sue parole: “me l’aspettavo”, se da una parte rivelano la consapevolezza di questo sacerdote di andare incontro al martirio proprio perché fedele al suo ministero di evangelizzatore e di formatore delle coscienze, dall’altra hanno il significato di un invito ad aprire il cuore alla speranza. - Un invito alla speranza per i suoi uccisori e per quanti nell’organizzazione mafiosa si sono messi a servizio della morte, perché, convertendosi al Dio della vita, ritrovino le vere ragioni della vita per sé, per i loro familiari, per la società intera. Quel “me lo aspettavo” oggi risuona come attesa di una conversione che non può, non deve tardare e che per me pastore si fa ogni giorno preghiera. Preghiera avvalorata da quella certamente più diretta e più efficace di chi ha suggellato col sangue il suo silenzioso ma fecondo impegno educativo di mobilitazione delle coscienze soprattutto giovanili per sottrarli ai maestri del crimine, i quali per questo e solo per questo, per lloro stessa ammissione, lo hanno ucciso.
- Un invito alla speranza per noi sacerdoti, confratelli suoi, che anche in situazioni difficili o a rischio, anche di fronte a provocazioni e minacce, non possiamo, non dobbiamo scoraggiarci, non dobbiamo desistere: non solo perché abbiamo al certezza che il Signore è sempre con noi secondo la sua promessa e che lui è la nostra forza come il salmista ci ha ricordato nel Salmo responsoriale, ma anche perché la vocazione al martirio cruento o incruento, è un aspetto ineliminabile della vocazione al sacerdozio ministeriale, come prolungamento della presenza e dell’amore del Buon Pastore, che ha dato la vita per il suo gregge, confitto sulla Croce. Dalla testimonianza al martirio – ha lasciato scritto Don Puglisi – il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza”.
- Un invito alla speranza per tutti gli uomini e le donne di buona volontà, che non possono, non debbono rassegnarsi di fronte al prevalere delle forze del male, perché quelle del bene, presenti numerose e vive nel nostro territorio, se unite da un unico intento, quello del bene comune, che non ammette divisioni, polarizzazioni, protagonismi, strumentalizzazioni di comodo o di interesse, hanno la capacità di sconvolgere la logica perversa della illegalità, dell’omertà, della sopraffazione, del ricatto, della provocazione, della ingiustizia, della vendetta, del rancore e dell’odio con quella evangelica dell’amore, che è rispetto per la vita, pace, benevolenza, dominio di sé, condivisione, collaborazione, comprensione, aiuto, perdono, nel rispetto della giustizia e della legalità, come fondamento del vivere sociale.
E’ stato questo l’insegnamento di Don Puglisi reso credibile da una testimonianza coerente sino al martirio.
In una lucida riflessione sul tema: “Testimoni della speranza”, da lui proposta ad un’affollata assemblea di giovani ed adulti, così si esprimeva: “Siamo testimoni della speranza. Ma il testimone per eccellenza è Gesù, il testimone fedele e verace. S. Paolo dice che Gesù tale testimonianza l’ha resa donando la sua vita per la salvezza di tutti, perciò la sua testimonianza è testimonianza dell’amore di Dio per gli uomini. Ma con Gesù testimone ci sono e ci devono essere testimoni di Gesù… Tutti i cristiani sono chiamati ad essere testimoni perché ricevono l’annunzio e si mettono in comunione con la Chiesa che è evangelizzatrice… Essere testimoni della speranza; ma speranza di che cosa? Speranza di un futuro che mentre è un’utopia per chi non crede, diventa invece una realtà per il cristiano…La speranza è la risultante dell’amicizia nel senso più rigoroso del termine: chi è completamente solo è disperato; amicizia con Dio è amicizia con il proprio simile. Allora testimone della speranza è colui che testimonia questa amicizia con Dio, presente nella parola, nel sacramento, nel povero, in ogni uomo.
“Testimone a chi? – si domanda sempre don Puglisi – A chi nel profondo conserva rabbia nei confronti della società che vede ostile; a chi è concentrato su se stesso e non si apre agli altri; a chi è pieno di paura e di ansie, a chi non riesce ad abbandonare il proprio passato e andare liberamente verso il futuro.
“Il testimone della speranza – conclude don Pino e qui manifesta la sua interiorità spirituale che deve essere al primo posto quando si parla di lui – con il proclamare il perdono di Dio verso tutti, dovrà essere tale verso chi è preso dall’odio e dalla vendetta.
“Chi è testimone deve presentare il messaggio della speranza a chi chiede giustizia, ripetendo che essa passa attraverso la Croce. La teologia della speranza, nel suo modello più profondo, è la teologia della croce. Il testimone della speranza indica a chi è disorientato non che cosa è la speranza, ma Chi è la speranza. Testimone della speranza è quindi colui che, attraverso la propria vita, cerca di lasciare trasparire la presenza di Colui che è la sua speranza, la Speranza assoluta”, ossia Dio.
Questo è stato Don Puglisi in una coerente sintesi tra l’essere, il dire e il fare. Questo, per non dimenticarlo e perché il suo sacrificio non sia vano, dobbiamo essere anche noi, con l’aiuto di Maria, per offrire alla nostra società l’unica speranza che non delude: Cristo crocifisso e risorto, unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre.
+ S.E. Mons. Salvatore De Giorgi
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